Durante le vacanze del 1995, avevo programmato un pellegrinaggio in Terra Santa, che comprendeva anche la Giordania, dal 1° al 12 settembre. Nei giorni immediatamente precedenti alla mia partenza dalla Bolivia, alcuni laici, competenti e degni di fiducia, mi avevano avvertito della possibilità che la situazione amministrativa dell’arcidiocesi di La Paz fosse ormai esposta alla luce del sole, con il prevedibile grave scandalo che ne sarebbe conseguito. Dissi quindi al mio segretario, Michael Banach, che stesse molto attento e che comunque, al ritorno dalla Terra Santa, sarei andato a Roma per insistere sulla necessità di un intervento decisivo da parte della Santa Sede.
La sera del primo giorno di pellegrinaggio, nell’albergo di Nazaret in cui eravamo alloggiati, mi raggiunse una telefonata da Michael, che mi riferì che l’Arcivescovo di La Paz, appena un giorno dopo la mia partenza, era andato in Nunziatura per spiegare la drammatica situazione nella quale si stava trovando: debiti enormi e nessuna possibilità di pagarli. Naturalmente, attribuiva ad altri tutta la responsabilità e si proclamava innocente, e per di più ingannato da persone di cui si era fidato. Per sottolineare questa sua convinzione, aveva fatto arrestare il povero sacerdote tedesco che lui stesso aveva scelto come amministratore diocesano.
Quello che era evidente, è che l’Arcivescovo aveva aspettato che io fossi lontano per rivolgersi alla Nunziatura, sperando di poter contare sull’ingenuità dell’Incaricato d’Affari. Ma mai previsione fu più sbagliata.
Non sono sicuro di poter raccontare molto di più a riguardo dell’intera vicenda, ma qualcosa di quello che accadde merita di essere ricordato. Ogni sera del mio pellegrinaggio, in ogni località nella quale mi trovavo, Michael mi raggiungeva e mi informava sull’evolversi degli eventi. Così potevamo discuterne e, se era il caso, potevo dargli qualche consiglio. In quella circostanza, Michael dimostrò una matura capacità di discernimento e di decisione.
Tornato in Italia, andai subito a Roma. La Santa Sede era già stata informata dettagliatamente da Michael. Dovetti ascoltare più volte e da molti la frase: “Ma allora avevi ragione tu!” Il che mi dimostrava che le notizie della mia persecuzione al povero Arcivescovo era stata abbondantemente divulgata.
Mi fu anche detto che era ormai pronto il mio trasferimento – senza però dirmi per quale destinazione. Obiettai che, in quelle circostanze, sarebbe stato meglio che restassi fino al superamento della vertenza. E così fu fatto.
Ma non avrei mai immaginato che negli ultimi mesi del mio servizio in Bolivia dovessi incontrare tanta sofferenza: per la battaglia sferrata contro di me dall’Arcivescovo, che sperava così di salvarsi; per l’ostilità di ambienti della Santa Sede, che continuavano ad accanirsi contro di me, mentre avrebbero dovuto riconoscere che il danno poteva essere evitato o almeno ridotto, se solo avessero accettato di considerare la documentazione che puntualmente avevo loro inviato.