Nel mese di maggio del 1975, mentre prestavo servizio a Londra, tornai in Brasile per trascorrere quasi un mese insieme con Paolo, che allora risiedeva stabilmente dietro la chiesetta di Fazenda Grande. Tra le permanenze a Bahia, questa è quella che ricordo come più difficile, ma anche quella nella quale ebbi la possibilità di vivere momenti memorabili. E questo è uno di essi.
Il Vescovo della diocesi di Livramento de Nossa Senhora, all’interno dello stato di Bahia, aveva affidato a Paolo un suo diacono, per un periodo di tirocinio. Al termine dell’anno, Paolo scrisse al Vescovo, sconsigliando l’ordinazione presbiterale del candidato, di nome Ildalino. Il Vescovo, che oltretutto mostrò la lettera di Paolo al diacono, giudicò di non dover seguire questo consiglio e, passati più o meno tre mesi, annunciò l’ordinazione, per la quale anche Paolo fu invitato. Andai insieme con lui, con un viaggio che merita di essere raccontato a parte.
Arrivati con tre giorni di anticipo, andammo dal Vescovo, il quale spiegò che, a suo parere, Ildalino era nel frattempo maturato, per cui aveva deciso di andare avanti con l’ordinazione. Non restava altro da fare che aspettare la festa, visitando qualche luogo lì attorno – come i mulini per la trasformazione della canna da zucchero – e prendendo parte al triduo preparatorio.
La prima sera fu Paolo a presiedere, e a dare una semplice omelia, chiara ed efficace come faceva lui. La seconda sera, tenne il discorso – non era per niente un’omelia – un professore del seminario, di cui mi dissero che era un grande teologo: parlò di tutto quello che si poteva sapere della nostra fede e anche di qualcosa in più. Ricordo solo una frase, che mi sembrò particolarmente adatta in quell’ambiente così suggestivo e primitivo: “E questo è quello che facciamo quando, nella nostra coscienza, facciamo l’introspezione socratica”. Avrei voluto entrare nella testa dei paesani presenti – contadini, allevatori e artigiani – per capire cosa sapevano di introspezione socratica.
La terza sera, con una scelta pastoralmente opportuna, il parroco decise di spiegare alla gente il rito dell’ordinazione presbiterale, che per loro era ovviamente un evento molto raro. Il nuovo rito dell’ordinazione non era stato ancora composto, ma quello vecchio sarebbe stato celebrato non in latino ma in portoghese. Durante la sua esortazione, il Vescovo avrebbe chiesto il parere della gente su quello che stava per fare. Quando la domanda era fatta in latino, bastava una breve pausa e si andava avanti. Ma ora tutti avrebbero capito. E allora il buon sacerdote si dedicò a spiegare il senso di quella domanda: “Dopo il Concilio, la Chiesa non è soltanto dei vescovi o dei preti, ma è di tutti voi, popolo di Dio. Anche voi avete la vostra responsabilità e anche voi dovete dare il vostro parere”. La tirò per le lunghe, enfatizzando il prima e il dopo, e l’importanza del nuovo atteggiamento di partecipazione. E alla fine concluse: “Per cui domani, quando il Vescovo vi chiederà: ‘Pensate voi che Ildalino sia degno di essere ordinato presbitero?’ voi risponderete ‘Sì’”.
Una piccola integrazione al racconto: dopo l’ordinazione, Ildalino chiese e ottenne dal Vescovo di andare a Rio de Janeiro, poi andò a studiare a São Paulo, divenne avvocato, prese moglie e in seguito fondò una sua “chiesa”, della quale era il pastore. Niente male per qualcuno che, a parere del Vescovo, era “maturato”.
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