Una delle suore che prestavano servizio nella Delegazione Apostolica di Londra, Sr Karen Shaerer, qualche anno dopo la mia partenza per Roma era stata trasferita in una missione del Kenya. La sua congregazione, Medical Missionaries of Mary, fondata non molti anni prima in Irlanda, stava conoscendo un promettente sviluppo, e il Kenya era uno dei paesi in cui erano state aperte alcune loro missioni.
Conoscevo l’indirizzo di Sr Karen, con la quale avevo mantenuto qualche contatto epistolare e, appena giunto a Nairobi, mi misi in contatto con lei. In breve decidemmo di incontrarci nella missione nella quale stava lavorando: Nakwamoru, nella diocesi di Lodwar, in piena regione dei Turkana.
Il 4 agosto, partii con l’autista, Julius, e con Osvaldo, il mio “figlio” boliviano, che avevo fatto venire in Kenya, perché restasse qualche giorno con me. Il viaggio richiese una sosta, per la notte, a Eldoret, dove fummo ospitati da Monsignor Korir, il quale stava già progettando per me una visita nella sua diocesi, in vista della creazione di una nuova diocesi, con sede a Kitale.
Il giorno dopo, giungemmo a Nakwamoru. Il primo incontro con Sr Karen per me fu sorprendente: la ricordavo sempre come l’avevo conosciuta e come l’avevo fotografata a Londra. Ma erano passati venti anni. Il ritrovarsi fu piacevole, anche perché ci legavano bei ricordi dei tempi passati. Mi disse però che le sorti della sua famiglia religiosa erano profondamente cambiate: in Irlanda non nascevano più vocazioni e l’unica novizia che avevano in quel momento era una ragazza tedesca.
Il villaggio di Nakwamoru era formato da tutte case costruite con pareti di terra battuta, sorretta da una intelaiatura di rami, e con il tetto di paglia, secondo la tradizione propria di quel popolo.
Una esperienza del tutto nuova, per me, fu vedere come la gente del posto si procurava l’acqua per bere e cucinare: scavavano una piccola buca ai margini del fiume e aspettavano che l’acqua vi filtrasse attraverso la sabbia. L’operazione era molto lenta e il risultato era, a dir poco, deludente. L’acqua giallastra era raccolta in taniche di plastica, e si contava sul fatto che, con il tempo, la sabbia si sarebbe depositata sul fondo e l’acqua sarebbe stata più pulita.
Non lontano da Nakwamoru c’è una grande diga, che ha formato un lago artificiale, con la finalità di produrre energia elettrica. L’impresa era stata realizzata con fondi e maestranze forniti dal governo tedesco. La centrale avrebbe dovuto servire la regione, ma invece stava producendo corrente solo perché fosse venduta all’Uganda, il cui confine era vicino. E Nakwamoru, a pochi passi di distanza, restava senza acqua e, ovviamente, senza elettricità.