Cappella del Palazzo Apostolico, 1 gennaio 2011
Cari fratelli e sorelle, cari amici,
Con questa celebrazione, cominciamo l’anno, e abbiamo molti spunti di riflessione: è il capodanno, e facciamo i buoni propositi nel desiderio che l’anno nuovo sia migliore di quello appena finito; ricordiamo Maria, la Madre del Signore, e ne prendiamo gli esempi di santità e di docilità alla parola di Dio; celebriamo la giornata della pace, e volgiamo lo sguardo al mondo intero, con i tanti punti di violenza e persino di guerre ancora in corso.
Un anno fa abbiamo fatto esattamente la stessa cosa, e abbiamo inaugurato il 2010 con tanti desideri, ma molti di questi sono rimasti senza effetto. E allora, cerchiamo di cambiare stile, e lasciamo da parte le illusioni inutili, che ci facciamo quando ci prepariamo ad affrontare cose nuove.
Parliamo spesso di ottimismo, che non è niente altro che un modo per convincerci che le cose andranno bene, è un sentimento che non si basa su niente, se non sul desiderio che il futuro sia migliore del passato. Noi cristiani non siamo ottimisti: noi siamo persone di speranza. Speranza è la nostra parola e il nostro modo di affrontare il futuro.
La speranza ha un fondamento, che invece manca all’ottimismo: la speranza si basa in Dio e sulle sue promesse. Noi crediamo in Dio, nella sua Provvidenza, nel suo desiderio di darci cose buone, nella sua volontà di farci tutti salvi e vicini a lui, figli suoi e chiamati a vivere per sempre con lui.
Cominciamo allora con il prendere l’esempio di Maria: lei ha saputo essere uno strumento utile nelle mani del Signore. Grazie al suo sì, ci è stato dato Gesù; grazie alla sua intercessione sono stati fatti i miracoli; per la sua presenza ai piedi della croce, siamo stati affidati a lei. Quanti – forse tutti! – possiamo dire che grazie a lei abbiamo ricevuto la fede, che attraverso il suo intervento abbiamo ritrovato la fede dopo un periodo di lontananza, o ne abbiamo scoperto il significato, che prima ci era sembrato poco chiaro. Quanti, nel cammino verso Dio, abbiamo sentito la mano materna di Maria che ci guidava, ci sorreggeva e ci dava coraggio nelle difficoltà. Maria è colei che “meditava nel suo cuore” gli avvenimenti dei quali era interprete e testimone, adorava lo svolgersi del progetto di Dio, del quale era essa stessa parte attiva, e rinnovava a Dio la sua promessa di fedeltà.
Tutto questo non è nato dal caso, o dalla fortuna, ma è stata l’opera della volontà di salvezza di Dio, che ha incontrato la pronta disponibilità di una donna, di Maria. Lo stesso progetto di Dio vive anche oggi nel nostro tempo e noi siamo chiamati ad essere strumenti docili ed efficaci della provvidenza divina. C’è tanto da fare, lo sappiamo; ci sono urgenze immense, lo sappiamo; ma sappiamo anche, e soprattutto, che, se ci poniamo a disposizione di Dio, noi possiamo fare tanto per far avanzare il suo progetto di amore. Su questo noi speriamo: io sono un poveraccio, valgo poco o meno di poco. Ma insieme con Dio posso essere una potenza di bene inarrestabile.
Costruzione del regno di Dio, costruzione della pace nel mondo … non sono sogni vuoti: sono la speranza concreta che noi abbiamo e che sappiamo di poter rendere vera, se decidiamo di accogliere nella nostra vita il progetto di amore di Dio. Come ha fatto Maria, madre della speranza, così, insieme con lei e sotto la sua guida, facciamo anche noi.