Nel Collegio Ave Maria, per rispondere a loro continue richieste, avevo tenuto una lunga conversazione con i ragazzi, per parlare di affettività e sessualità. Molti di loro vivevano in situazioni famigliari anomale, e ne risentivano molto. Il dialogo fu molto aperto e sincero, e credo, o almeno spero, che sia stato utile.
Alla fine dell’incontro, un ragazzo venne a dirmi che lui non aveva nessuna famiglia e che non era neppure stato battezzato. Gli chiesi di raccontarmi la sua storia, decisamente complicata, e decidemmo di seguire un cammino per arrivare alla recezione del battesimo e degli altri sacramenti della iniziazione cristiana, e, contemporaneamente, per fornirlo di una documentazione ufficiale che stabilisse per lui una data di nascita, anche se soltanto approssimativa.
Grazie alla preparazione curata dalle suore cistercensi, Rubén fu ben presto pronto e molto motivato a entrare a pieno titolo nella Chiesa cattolica, alla quale, almeno affettivamente, apparteneva da sempre. Il 1° novembre 1992, nella cappella del Collegio fu battezzato e ricevette la Confermazione e l’Eucaristia. Dopo la celebrazione, gli dissi che, se aveva qualche necessità, poteva contare su di me: “Considerami come un tuo amico”. Mi rispose: “Non come amico ma come padre”. Anche la documentazione sulla sua nascita fu sistemata, e la data fu scelta da una signora che si era occupata delle procedure burocratiche. Fu lei che decise che l’età doveva essere di 18 anni e volle che il suo compleanno coincidesse con quello di suo figlio, amico di Rubén.
Da allora, i nostri contatti si fecero frequenti e la sua presenza in Nunziatura divenne un fatto normale. Quando si presentava, chiedeva: “È in casa mio padre?” Più di una volta, quando erano presenti altre persone, anche vescovi, che gli chiedevano chi fosse, rispondeva tranquillamente: “Sono il figlio del Nunzio”.
Terminate le scuole secondarie, Rubén volle seguire la sua aspirazione di conseguire il brevetto di pilota di aerei. Più tardi, raggiunto questo obiettivo, entrò nell’Accademia militare e seguì quella carriera. Dopo qualche anno, quando ero in Kenya e i nostri rapporti, per qualche malinteso, si erano interrotti, seppi che in una situazione molto pericolosa si era distinto per il suo coraggio e, rischiando la vita, aveva salvato diverse persone in pericolo.
Anche se da lontano, e in una situazione per me triste di separazione, mi sentii molto fiero di questo mio “figlio”, nato per me quando aveva, forse, 18 anni di età.