Nanni Monelli, “Prime architetture picene per la Camera di Maria a Loreto”, Edizioni Santa Casa, 2009.
PRESENTAZIONE
Il viaggiatore che, scendendo dal nord, percorre l’Autostrada del Mare – quella che è banalmente identificata con la sigla “A14” –, poco dopo aver superato l’uscita per Ancona Sud – Osimo, si trova di fronte ad una delle viste più incredibili di questo nostra già incredibile regione: il profilo di Loreto, disegnato con cura magistrale in cima ad una collina e circondato da dolci declivi, i cui versanti, accarezzati per secoli dall’erpice e dall’aratro, si colorano di tonalità diverse a seconda del rincorrersi delle stagioni.
Quando si ammira la linea sobria dei bastioni di difesa, del palazzo apostolico, della cupola cinquecentesca e del campanile vanvitelliano, sorge spontaneamente la domanda: “Che cosa c’era prima?” La presenza della Reliquia della Santa Casa sul Monte Prodo ha dato origine al complesso monumentale che oggi ammiriamo, e che, iniziato nella seconda metà del secolo XV, fu completato poco più di cent’anni dopo, con uno splendore di realizzazione ed una rapidità di esecuzione che stupisce ancora. Ma prima di allora quali erano le strutture che proteggevano ed allo stesso tempo esaltavano la presenza a Loreto delle pareti della Camera di Maria?
Le testimonianze scritte sull’esistenza di una chiesa, precedente all’attuale basilica rinascimentale, sono sempre state molto chiare, anche se qualche studioso, senza peraltro avere ragioni documentate per farlo, ha voluto negarla. I lavori che, verso la fine del secolo scorso, sono stati compiuti sotto il corpo principale della basilica, per rendere pienamente agibile la così detta “cripta dei pellegrini”, ora più correttamente nominata “basilica inferiore”, hanno permesso di esaminare e studiare resti archeologici in precedenza poco conosciuti, che hanno offerto testimonianze persuasive circa l’impianto architettonico dell’edificio antico, distrutto nel 1469, quando ebbero inizio i lavori per l’edificazione dell’attuale monumentale basilica.
Lo studio dell’Architetto Nanni Monelli, che il “Centro Studi Lauretani”, nelle “Edizioni Santa Casa”, ha l’onore di presentare, mette in evidenza la grande cura con la quale i costruttori del passato vollero proteggere e conservare la Santa Casa. Queste tre pareti, del tutto insignificanti da un punto di vista artistico e strutturale, subito dopo la traslazione, nel 1294, furono il punto di riferimento di sofisticate opere murarie volte a conservarle ed a permettere ai fedeli, che avevano cominciato a recarvisi in pellegrinaggio, di visitarle. Già agli inizi del XIV secolo, la Santa Casa fu protetta dal cosiddetto “muro dei recanatesi”, in seguito completato con un portico capace di offrire riparo ai pellegrini.
Secondo i dati storici a nostra disposizione, nella seconda metà del secolo XIV, fu costruita la chiesa che costituisce l’oggetto specifico dello studio del Monelli. L’Autore ha già pubblicato altri importanti ed apprezzati saggi sulla struttura edilizia della Santa Casa e sul tempio rinascimentale che la protegge. Ora egli opera un accurato raffronto tra la documentazione storica e iconografica e i resti edilizi dell’antica chiesa, tornati alla luce con gli scavi recenti.
Da questo nuovo contributo alla conoscenza del santuario lauretano, si conferma la percezione, già evidente, della cura attenta con la quale i costruttori dei tre diversi stadi edilizi hanno voluto proteggere l’illustre reliquia in esso conservata. Come accade nello studio archeologico dei luoghi santi in Palestina, questa attenzione ci aiuta ad identificare il luogo protetto come particolarmente significativo, e riconosciuto come tale fin dal principio.
Le tre pareti della Camera di Maria sono state testimoni del miracolo dell’Incarnazione del Verbo di Dio. Esse, pur nella loro sobria semplicità, hanno dato origine ad una devota riflessione, che, nel corso del tempo, si è espressa nelle sincere manifestazioni di devozione popolare e nelle altissime creazione dell’arte di sette secoli. La tradizione lauretana, collegata con un vincolo sempre più evidente con quella di Nazareth, ha ancora molto da offrire, per ispirare gli sforzi di storici, archeologi e artisti delle più diverse espressioni della creatività umana. Questa fecondità, ancora ben lontana dall’esaurirsi, è in se stessa prova eloquente della ricchezza spirituale del Santuario di Loreto.