Nel mese di luglio del 1975, dopo essere stato a Fano per il 60° compleanno di mamma, don Paolo venne per alcuni giorni a Londra. Cercai di fargli vedere il meglio della città e dei dintorni, ed ebbe anche l’occasione di incontrare alcune persone interessanti, come l’Abate maggiore dei benedettini, P. Weakland, in occasione della consacrazione della chiesa del monastero di Worth.
All’avvicinarsi della sua parenza per il Brasile, fu necessario comperare qualche ricordo da portare agli amici. Cosa che Paolo fece in abbondanza. Decisi anche di mandare a ciascuna delle catechiste di Fazenda Grande, che conoscevo, un grande fazzoletto per la testa. Scegliemmo quelli che ci sembravano il più inglesi possibile. Tornati a casa, Paolo scoprì che ogni fazzoletto aveva una etichetta “made in Italy”. La soluzione fu semplice: l’etichetta fu tagliata via e l’origine britannica dei fazzoletti rimase così garantita.
Al momento di partire, all’aeroporto ci furono dei problemi: Paolo aveva valigie per il doppio del peso permesso, e l’impiegata del check-in non era disposta a fare sconti. Intercedetti, facendo notare che il passeggero precedente era grasso, ma con una valigia normale, mentre mio fratello era magro e con due grosse valigie: quindi l’equilibrio era mantenuto. Riconobbe che l’argomento era interessante, ma non abbastanza convincente. Spiegai allora le ragioni per cui Paolo aveva tanto peso: cose da portare ai poveri del Brasile… Questo permise uno sconto, ma il prezzo era ancora alto.
Alla fine, mostrai il denaro che avevo con me: o si accontentava di questa somma o sarei dovuto tornare a Wimbledon per prendere il resto, con il rischio però di fare tardi e di far perdere l’aereo. “Non so quale santo vi stia aiutando oggi!” fu la sua conclusione. E si accontentò delle 40 sterline che avevo in tasca.