Nella Delegazione Apostolica della Gran Bretagna, insieme con il collaboratore di ruolo diplomatico, era sempre presente un segretario locale, che viveva stabilmente nella residenza. Quando arrivai a Londra, il titolare era il Rev. Bernard Kenney, arrivato da appena pochi mesi.
Prima di lui, per lunghi anni era stato segretario un sacerdote, molto capace e ben conosciuto da tutti i vescovi del paese. In pratica era lui che gestiva la missione e manteneva i contatti con la Chiesa locale. Studiando l’archivio, mi sono reso conto dello strano andamento dei lavori: i vescovi, o i sacerdoti, si rivolgevano al segretario per sottoporre un problema o una richiesta, il Delegato Pontificio si rivolgeva alla Santa Sede e, infine, il segretario trasmetteva la risposta della Santa Sede ai vescovi o ai sacerdoti.
Il mio immediato predecessore, approfittando della nomina di un nuovo Delegato, fece piazza pulita, rimandando il segretario nella sua diocesi e allontanando anche la suora segretaria, anch’essa, a quanto pare, troppo protagonista. La situazione fu quindi sanata, ma io mi trovai con due collaboratori del tutto nuovi, il p. Kenney e la suora segretaria, che non avevano ricevuto alcuna introduzione al lavoro dai loro predecessori.
Abituato all’archivio ordinatissimo della Nunziatura in Camerun, mi trovai con un archivio in totale disordine, senza nessuna divisione ragionevole. Del resto, il libro del protocollo era usato solo per assegnare il numero, ma senza nessuna indicazione della collocazione del documento in archivio.
Cominciai a riordinare i diversi faldoni, ma, per fare questo, era necessario tirar fuori tutto e selezionare i documenti uno alla volta. Il disordine nell’ufficio era spaventoso, e dovetti sentire i commenti del segretario e della segretaria, che borbottavano contro il “novellino” che pretendeva di cambiare tutto e non si capiva perché.
Giunse il momento in cui le cose andarono a posto: l’archivio ricominciò ad esistere e potei spiegare alla suora segretaria a che cosa serviva il libro del protocollo. Dato che dovevo partire per le vacanze, proposi a P. Kenney di rendersi familiare con archivio e protocollo, in modo da poter assistere la segretaria durante la mia assenza. La risposta fu negativa. L’ultimo giorno della mia presenza, ricevuto il plico diplomatico, tentai comunque di mostrare al Padre come si protocollavano i documenti e come si archiviavano. La sua reazione fu violentemente polemica e fortemente umiliante per me. Tenni duro e feci la mia spiegazione. Qualche ora dopo, lui venne a chiedermi scusa.
Col passare dei mesi, la relazione divenne più serena e, alla fine, fu persino cordiale, senza mai giungere ad essere amichevole. Ma quando fui trasferito a Roma, P. Kenney ne fu rammaricato: “Stavamo facendo una buona squadra insieme!” Ed era vero, con le dovute attenzioni e riserve.