Nel 1970, il Brasile stava vivendo la fase più dura della dittatura militare, stabilita con il colpo di stato del 1964.
Approfittando delle conoscenze di mio fratello, ebbi la possibilità di incontrare diverse persone, soprattutto nella città di Salvador, che erano state vittime della repressione del governo militare. In particolare intervistai una ragazza che aveva trascorso mesi in prigione ed era stata crudelmente torturata. I segni dei maltrattamenti erano ancora visibili sul suo corpo, anche se, prima di essere messa in libertà, era stata sottoposta a intense cure per farli sparire.
Questi incontri erano sempre vissuti con estreme forme di cautela, per evitare di essere notati dalla polizia segreta, che sapevamo essere presente e attenta. Normalmente Paolo mi accompagnava e, alla fine del colloquio, anche con qualche membro della gerarchia ecclesiastica, ci separavamo e uno partiva in una direzione, con il registratore vuoto, mentre l’altro andava dall’altra parte con la cassetta registrata. Erano misure necessarie, anche se io, scherzando, ne parlavo come se fosse un “giocare a guardie e ladri”.
Un pomeriggio ebbi la possibilità di incontrare i membri di un gruppo “sovversivo”, che pubblicava un bollettino ciclostilato, “O Circulo”, con articoli interessanti ma scritti con una prosa piena di retorica e di aspra polemica. Anche se si trattava di giovani pronti a pagare di persona per le loro convinzioni, non si poteva fare a meno di sentirli come degli adolescenti ancora immaturi.
Mentre parlavamo, ho notato che stavano stampando il prossimo numero del loro bollettino. Avevano a disposizione un ottimo ciclostile Gestetner, ma i risultati erano mediocri, perché si vedeva bene che non lo sapevano usare. Forte della mia esperienza di due anni come segretario del vescovo di Fano, e quindi abituato ad usare lo stesso modello del ciclostile, mi proposi per far vedere come si poteva fare qualcosa di più decente. E fu quello che feci, stampando l’intero “O Círculo”, che era giunto al numero 6.
Quando, ormai tornato a Roma, presi in esame la documentazione pericolosamente raccolta, mi trovai tra mano anche i diversi numeri di “O Círculo” e potei compiacermi del fatto che il numero 6 era, di gran lunga, quello stampato meglio.
Se un giorno, come certamente non accadrà mai, qualche studioso di storia esaminerà le attività del gruppo che produceva un bollettino sovversivo intitolato “O Círculo”, potrà notare che il numero 6 della pubblicazione è di qualità superiore alle altre. Non potrà comunque immaginare che il merito di questa migliore qualità sia da attribuire ad uno studente, allora, della Pontificia Accademia Ecclesiastica e, in seguito, diplomatico della Santa Sede.
PS – Dopo aver scritto questo ricordo, nel volume “Brasil nunca mais”, a p. 153, ho trovato una notizia che mi ha interessato: “Il padre Geraldo Oliveira Lima, di Novo Oriente, diocesi di Crateús (CE), fu condannato dalla Auditoria Militare di Recife a un anno di reclusione, nel settembre del 1971, perché era stato arrestato nell’aeroporto di Natal, nel mese di giugno, mentre portava vari esemplari del bollettino “O Círculo”, che aveva ricevuto partecipando a un incontro di responsabili dell’evangelizzazione nel Nordeste”. La data non corrisponde, dato che si tratta dell’anno dopo la mia presenza in Brasile, ma la localizzazione sì: Salvador fa parte del Nordeste. Quindi qualcuno oltre a me sapeva dell’esistenza di questo bollettino sovversivo, e la ingenua prosa di quel gruppo di ragazzi è stata considerata pericolosa dal governo militare.