Mixtura

Se dovessi spiegare in una parola cosa sia la “mixtura”, mi basterebbe dire che sono coriandoli, quelli che noi usiamo in occasioni di festa, specialmente a Carnevale, per lanciare, delicatamente o meno, addosso alle persone che vogliamo festeggiare o alla quali vogliamo fare uno scherzo.

In Bolivia, la mixtura è ben altro: è l’espressione della gioia che la gente dell’altipiano e delle valli prova nell’incontro con una persona e il segno del rispetto che si ha per la persona stessa. Si tratta quindi di un’abitudine “colla” (la gente dell’altipiano), e non “camba” (la gente delle pianure e delle foreste amazzoniche), perché nelle regioni tropicali, per lo stesso scopo, si preferisce usare fiori, interi o in petali. La mixtura è versata in abbondanza e strofinata sulla testa del festeggiato, e ad ogni passaggio di gruppo o ad ogni arco trionfale il gesto si ripete, con uguale rispetto e uguale insistenza.

Ne ho fatto l’esperienza per la prima volta durante una estesa visita nella valle di Cochabamba. La gente aspettava il mio arrivo, poi mi circondava con affetto e cominciava a versare la mixtura. Ogni volta, dato che ero in abito talare, dovevo togliere lo zucchetto e chinare leggermente la testa, per facilitare l’operazione e mostrare gratitudine verso che la compiva. Naturalmente i coriandoli restavano attaccati ai capelli, scendevano lungo il collo ed entravano sotto i vestiti. Alla fine di una giornata di queste operazioni, trovavo la mixtura fin dentro le calze. E vi assicuro che non è un’esagerazione retorica.

Un’attenzione speciale la dovevo avere quando, entrando in chiesa per una celebrazione solenne, la mixtura finiva sopra la mitra ed era raccolta nella fodera: ad un possibile inchino, tutta la massa cadeva, creando un disagio non indifferente, specie se l’inchino era fatto all’altare.

Una volta, in una visita nella diocesi di Potosì, ho notato che, mentre avanzavo da un gruppo all’altro – all’ingresso di ogni villaggio erano stati approntati archi di trionfo – il vescovo che mi accompagnava, Edmundo Abastoflor, restava indietro. In una sosta, gli feci notare che sarebbe stato meglio che lui fosse al mio fianco, ma mi spiegò che preferiva approfittare dell’occasione per parlare con qualche parrocchiano e che inoltre non amava molto essere riempito di mixtura. Nella parrocchia seguente, mi resi subito conto della persona – una signora – che era a capo dell’organizzazione e, mentre pazientemente mi sottoponevo ai riti abituali, le sussurrai: “Mi raccomando: che non manchi la mixtura al vescovo diocesano!” La cosa fu fedelmente eseguita e il povero Edmundo si trovò inondato di mixtura, contro ogni suo desiderio. Durante il pranzo gli spiegai quello che avevo fatto, e fu l’occasione per una risata. Ma non sono sicuro che abbia apprezzato lo scherzo!

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