Loreto, Basilica – 21 aprile 2010
Cari fratelli sacerdoti,
Questa celebrazione è fatta soprattutto per noi. Siamo accompagnati da fratelli e sorelle che condividono la nostra fede e il nostro cammino verso il Signore, e li sentiamo come testimoni di quello che stiamo per fare.
Non solo testimoni, ma anche ragione di quello che facciamo, come ministri dell’altare. Aggiustando un po’ Sant’Agostino possiamo ripetere: Siamo cristiani insieme con voi, siamo sacerdoti per voi. Il nostro ministero non è un onore né il riconoscimento che siamo migliori di qualsiasi altro. È soltanto la risposta alla chiamata di Dio, che ha voluto avere bisogno di poveri uomini come noi, per portare a tutti il dono della salvezza.
Parlare dei preti è facile, e specialmente parlarne male, per far notare i tanti difetti che abbiamo e i tanti modi in cui siamo inadeguati alla nostra missione. Non c’è da avere paura: noi stessi ci conosciamo bene e sappiamo quanto sia vero che abbiamo limiti e che facciamo sbagli. Eppure è così che Gesù ci ha scelti, ci ha chiamati così come siamo e ci ha affidato un compito che dovrebbe metterci paura ogni volta che lo compiamo.
Ma per chi si diverte a sottolineare la nostra mediocrità, c’è anche la necessità di contemplare i tanti, anzi tantissimi esempi di sacerdoti che oggi, come ieri e come sempre, sono in prima linea per lottare contro le ingiustizie, le mafie, le alleanze massoniche di tanti colori, le perversioni più ignobili, la smania del potere, il servilismo di partito e la volontà di sfruttare gli altri per il proprio comodo. La voce di questi vescovi e preti è una voce scomoda, che talvolta è stata messa a tacere dalla mano di assassini; mentre altri – e ne abbiamo visti anche qui a Loreto – vivono da anni protetti da una scorta, per far capire quanto dà fastidio la verità in un mondo che privilegia la menzogna e l’assenza di valori e adora come veri dèi il potere, il piacere e il denaro, unici fini per i quali vale la pena vivere.
Ma non siamo qui per piangerci addosso e nemmeno per ripeterci che siamo bravi e coraggiosi. Probabilmente è vero, ma non sta bene dircelo così in pubblico: lasciamo che siano gli altri a rendersene conto.
Oggi noi vogliamo contemplare insieme la gioia grande di essere sacerdoti, per rinnovare l’impegno e l’entusiasmo con cui abbiamo accolto la vocazione, con cui abbiamo ricevuto gli ordini sacri, con cui ci siamo buttati a capofitto nella vita pastorale, con cui ci riprendiamo ogni volta che sentiamo la stanchezza per le tante cose fatte e da fare e magari sentiamo l’amarezza per i successi che non arrivano e le critiche che invece non mancano mai.
Oggi noi vogliamo dire a tutti, e specialmente, per forza di cose, ai giovani e alle giovani, che vale la pena dare la vita per il Signore e per la sua Chiesa; che c’è tanta gioia nell’accogliere la missione di evangelizzare il mondo come nostra prima finalità, senza dover passare attraverso altre mediazioni; che c’è tanta gioia nel guardare indietro alla vita trascorsa e nel dover riconoscere che, se potessimo cominciare tutto di nuovo, vorremmo fare esattamente la stessa cosa – servire Dio come suoi sacerdoti – solo vorremmo farlo meglio.
Come sarebbe bello se Loreto, che è così ricca di ispirazioni spirituali, nata com’è attorno alla Casa di Maria, fosse una sorgente costante di vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa. Già ce n’è, ma quante possibilità ancora, grazie anche alla varietà di carismi che vi sono presenti: un vero e proprio giardino di fiori dai colori diversi, a formare un’aiuola di bellezza che circonda la Regina del Cielo.
Diciamo pure che, per le esigenze del Santuario basta la robusta squadra di Cappuccini che abbiamo; diciamo pure che per le parrocchie della Prelatura e per le case di ritiro bastano i sacerdoti, diocesani e religiosi, che già le servono. Ma pensate a come sarebbe bello se, proprio da qui, dal centro vivo del culto mariano nel mondo, potessero partire missionari per la Chiesa, a rafforzare la presenza dei Cappuccini in Etiopia, a Bahia e in Benin, a portare il messaggio della Santa Casa ovunque, a condividere con tutti i giovani la bellezza di una risposta alla chiamata di Dio, che chiama e continua a chiamare. Senza spesso che la sua voce sia ascoltata o capita.
Come sarebbe bello se molti ancora capissero che, nelle tante mansioni del sacerdozio, c’è posto per tanti e c’è tanto, ma tanto da fare. E c’è tanta gioia nel farlo e nel sentire che ogni momento della nostra vita ha uno scopo grande e nobile, che ci riempie di fierezza, pur nella consapevolezza dei nostri limiti.
Oggi siamo insieme per benedire gli oli, strumento per l’amministrazione dei sacramenti, dono di grazia e presenza del Signore nella nostra vita. Benediciamo l’olio dei catecumeni, e ci auguriamo che, nell’anno avanti a noi, siano tanti ad esserne unti, nel momento in cui sono accolti nella Chiesa come figli di Dio. Benediciamo l’olio degli infermi, e ci auguriamo che coloro che vivono momenti di sofferenza fisica ricevano dall’unzione il conforto che indica la nostra partecipazione alla passione del Signore e la presenza di Cristo nella nostra esperienza di dolore.
Consacriamo il sacro crisma, per fare di tanti ragazzi, alcuni dei quali sono oggi qui presenti, degli adulti nella fede, pronti a testimoniare nella loro giovane vita la fedeltà al Vangelo. Tra due settimane, questo crisma sarà usato per l’ordinazione sacerdotale di un giovane cappuccino, che ha desiderato ricevere il presbiterato sotto lo sguardo di Maria. E chissà se questo sacro crisma potrà servire, entro l’anno, a consacrare una nuova chiesa qui a Loreto? Forse non ancora, ma la strada è quella: forza e coraggio, Don Paolo e parrocchiani del Sacro Cuore: è un’impresa nella quale vale la pena impegnarsi.
Ecco quindi il cammino che ci è indicato: percorriamolo con gioia e con gratitudine. Il Signore ci guida e Maria Santissima, della cui Casa siamo fieri di essere custodi, ci accompagna con il suo sguardo materno.