Verso la fine del mio primo anno di studi all’Accademia Ecclesiastica, fu annunciata la nomina del nostro Presidente, Monsignor Gino Paro, a Delegato Apostolico in Australia. Al prendere il suo posto, fu chiamato Monsignor Salvatore Pappalardo, fino ad allora Nunzio Apostolico in Indonesia.
Un buon numero di alunni, durante l’anno ormai al termine, aveva sentito la necessità di proporre dei cambiamenti sia nei programmi di studio sia nel trattamento ad essi riservato nella struttura. Ci sembrava soprattutto inadeguata la posizione del Presidente, che era costretto a rimandare ogni decisione ad altri: a seconda dei temi trattati, alla Segreteria di Stato o all’Economo.
Tra alcuni di noi nacque la decisione di preparare un documento esplicativo, da mettere a disposizione del nuovo Presidente. In tre ci mettemmo all’opera, e, con non poca fatica, riuscimmo a produrre un testo ben documentato e completo.
A questo punto, si presentava il problema di convincere il maggior numero possibile di accademici a firmare il memoriale, in modo che esso fosse rappresentativo dei pareri di tutti. Tra quelli consultati, nessuno giudicò il testo mal fatto o scorretto. Però quelli dell’ultimo anno, che erano ormai in attesa della loro destinazione, dissero che la loro adesione era inutile e anche priva di significato, dato che si preparavano a partire. Degli altri, la maggioranza si schivò, con scuse diverse, ma che, in definitiva, rivelavano solo un certo timore delle reazioni del Superiori della Segreteria di Stato. Ricordo ancora le parole: “Poi cosa ne dirà Benelli?”
I tre autori dell’opera, con appena un paio di altri, erano pronti ad andare avanti, ma era evidente che l’intervento compiuto solo da pochi avrebbe avuto un’efficacia molto limitata.
Ne parlai con il mio Vescovo, Monsignor Costanzo Micci, che era compagno di studi di Pappalardo e suo buon amico. Mi propose allora di consegnare a lui il testo firmato solo da me, e lui l’avrebbe presentato al nuovo Presidente, per sua opportuna conoscenza.
Così fu fatto, e, agli occhi di Pappalardo, io divenni l’unico autore del memoriale che, a quanto ci fu possibile di capire, fu letto e, in qualche misura, fu anche tenuto in considerazione. Ma non sono sicuro che l’impresa, presentata sotto la mia esclusiva responsabilità, mi abbia procurato la simpatia del Presidente.