Durante le elementari – non ricordo l’anno – camminavo un giorno con Riccardo, compagno di classe per tutto il ciclo, e si parlava di tante cose.
A un certo punto, lui venne fuori con: “Non vedo l’ora che mio padre mi comperi le scarpe da ginnastica”.
Al che replicai immediatamente: “Io invece non vedo l’ora che mio padre mi comperi le scarpe da torero”. Questa affermazione suscitò la curiosità di Riccardo, che mi chiese spiegazioni.
E io gliele fornii con ricchezza di particolari, affermando che le scarpe da torero erano molto più leggere delle scarpe da ginnastica e ci si poteva correre e saltare meglio.
Non so se Riccardo ebbe poi le sue scarpe da ginnastica. Certamente io non vidi mai le scarpe da torero, le cui virtù avevo inventato lì per lì, anche se sapevo di non saperne assolutamente nulla.
La mia cultura in merito si limitava alla lettura dei fumetti nel “Vittorioso”, dove, da qualche settimana, c’era una storia ambientata nel mondo delle corride in Spagna.
Quindi in quei disegni avevo visto le scarpe dei toreri, che mi avevano ispirato quella mostruosa bugia, creata di sana pianta con il probabile desiderio di nascondere l’invidia per le scarpe da ginnastica di Riccardo