Introduzione
L’affermazione dell’evangelista Giovanni, nel prologo, offre lo spunto per le nostre riflessioni: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Per spiegare il senso dell’incarnazione del Figlio di Dio e fare capire bene il fatto che egli si è fatto uomo, assumendo la natura umana come ciascuno di noi, il vangelo dice che ha posto la sua dimora in mezzo a noi.
Il termine preciso usato da Giovanni è, in greco: eskénosen, che deriva dalla parola skené, che significa “tenda”. Più che “venne ad abitare”, quindi, l’espressione è piuttosto: “Piantò la sua tenda in mezzo a noi”, con il riferimento a due immagini che si completano l’una con l’altra.
La prima immagine rievoca un gruppo di nomadi in cammino e, tra le tende dell’accampamento, un giorno ci si accorge che c’è una tenda in più, perché qualcuno si è unito alla nostra compagnia. La seconda immagine porta con sé il ricordo della Tenda della Presenza, eretta in mezzo alle tende degli Ebrei, nel loro cammino verso la Terra Promessa: Dio, simbolicamente presente con l’arca dell’alleanza, era pellegrino insieme con loro. Ambedue le immagini fanno pensare al cammino della vita, di ogni vita in ogni epoca.
Il Figlio di Dio che viene ad abitare in mezzo a noi, vuole prendere parte alla nostra vita, e questa è una grande novità e allo stesso tempo un grande scandalo: mai Dio è stato così vicino a noi e mai è stato così difficile credere a un Dio che è “come noi”.
Quello che è certo è che Gesù, durante la sua vita terrena, ha dovuto avere una sua casa, o meglio, considerando i suoi continui spostamenti, ha dovuto abitare in alcune case. Ognuna di esse ci aiuta a capire la sua presenza e la sua missione.