Chi non è vissuto per almeno per qualche tempo nei paesi tropicali, non può capire che cosa sia il mango. Come la gran parte dei frutti di quelle latitudini, il suo sapore può essere apprezzato solo sul posto, a frutto maturato sull’albero e colto apposta. E chiunque l’abbia sperimentato potrà dire che è un frutto di sapore particolarmente ricco, difficile da descrivere ma facilissimo da gustare.
La stagione dei manghi è relativamente breve: due o tre settimane in tutto. In quel periodo, si scatena l’interesse di tutti per gli alberi che portano i frutti.
A Yaoundé, gli alberi di mango erano numerosi, spesso ai bordi delle strade. I ragazzini, specialmente al ritorno dalla scuola, si divertivano a lanciare sassi e bastoni contro i rami, per farne cadere i frutti. Si capisce allora che, non di rado, i sassi e i bastoni che ricadevano a terra facevano sosta sulla testa di qualcuno di quelli che restavano lì sotto in attesa di altro.
Una volta, mentre andavo all’aeroporto per ricevere il Cardinale Léger, di ritorno dal Canada, vidi per strada una bambina che perdeva sangue da una grossa ferita in fronte, provocata proprio da una pietra lanciata in alto per far cadere qualche frutto. La raccolsi e l’accompagnai al dispensario più vicino, tenuto da missionari pallottini tedeschi.
Con questo, ovviamente, arrivai tardi all’aeroporto e non vidi il Cardinale. Più tardi, forse il giorno dopo, andai a visitarlo dove risiedeva, e gli raccontai l’accaduto e la nobile ragione del mio ritardo. Sperai così di aver fatto, almeno per una volta, una decente bella figura.
A Nkoudandeng, una parrocchia della “brousse”, retta da un missionario “fidei donum” italiano, accadde un episodio che vale la pena ricordare. Accanto alla scuola parrocchiale – un lungo edificio di bastoni e fango, coperto con un tetto di latta – c’era un grande albero di mango. Durante la stagione in cui i frutti erano maturi, sassi e bastoni lanciati per far cadere i manghi finivano sul tetto della scuola, rischiando di danneggiarlo. Fu convocato un consiglio parrocchiale e fu presa la decisione di abbattere l’albero.
L’operazione fu condotta con grande impegno e da gente ben motivata. L’albero fu debitamente tagliato e, al momento di cadere, crollò in pieno sopra la scuola, distruggendone la parte centrale. Forse nessuno aveva insegnato a quella brava gente che il taglio deve essere fatto in maniera adeguata e che la direzione di caduta di un albero deve essere guidata, con corde e con la forza di tante braccia. In ogni caso, il problema, per allora, era stato radicalmente risolto.