La Missione della Santa Sede a Londra non aveva lo stato diplomatico, perché non erano ancora state stabilite normali relazioni diplomatiche con il Regno Unito. Per questo, il Capo Missione aveva il titolo di Delegato Apostolico, con la responsabilità di mantenere i contatti tra il Papa e le Chiese locali di Inghilterra e Galles, e di Scozia.
La residenza, nel quartiere londinese di Wimbledon, prestigioso per via del tennis, era un dignitoso edificio di stile tardo vittoriano, quindi della fine del diciannovesimo secolo. La sua manutenzione era stata trascurata dai Delegati precedenti, e Mons. Heim si era messo con la migliore buona volontà a ripristinare i diversi ambienti e a dare un maggiore decoro alle sale di ricevimento.
Il suo problema era che i suoi gusti erano molto precisi, ma anche costosi. Il che preoccupava i superiori della Segreteria di Stato, per i quali ogni spesa di troppo era un colpo al cuore. Era inevitabile che il bilancio della casa crescesse a dismisura, ma devo riconoscere onestamente che si trattava di somme spese bene e ormai irrinunciabili.
Un caso specifico fu quello dell’impianto elettrico, per il quale già in passato era stato negato il permesso di procedere al rinnovamento. La situazione era però insostenibile: c’erano fasci di fili mezzo bruciacchiati, sotto i pavimenti di legno: il rischio di un incendio, in cui nessuno di noi avrebbe potuto avere scampo, era reale. Per ottenere il permesso per procedere con i lavori per un nuovo impianto, unii al rapporto anche un pezzo di legno, a metà carbonizzato, tratto dal pavimento del corridoio in cui risiedevano le suore. La gravità della situazione era talmente evidente che il permesso fu accordato immediatamente.
Questo volle dire che gli elettricisti dovettero fare un lavoro lento e attentissimo, perché la casa continuava ad essere abitata e gli uffici continuavano a funzionare. Ogni filo fu staccato e sostituito, verificandone ogni volta l’origine e la destinazione. Così i due tecnici, presenti in casa per mesi, diventarono quasi parte della famiglia. Il maggiore, di cui non ricordo il nome, dirigeva i lavori con molta competenza. Il ragazzo che lo aiutava, Gary, spendeva ogni suo stipendio per farsi dei tatuaggi, dei quali era molto fiero.
Mons. Heim diede una speciale attenzione alla cappella, che rinnovò completamente, facendone un luogo elegante e raccolto. L’altare, l’ambone, il tabernacolo e il crocifisso d’avorio furono tutti decorati con smalti dell’artista tedesco Iginus Weinart, amico del Delegato. Per farli entrare in Gran Bretagna, evitando le grosse spese di dogana riservate agli oggetti religiosi, fui mandato in Germania per alcuni giorni, e, sotto la protezione del passaporto diplomatico, portai con me le opere d’arte come mio bagaglio personale.
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