In un paio di occasioni, tra altri ecclesiastici, avevo incontrato l’abate di Ampleforth, Basil Hume. Avevamo scambiato qualche parola e, sentendo che mi interessava la vita benedettina, mi aveva invitato a passare qualche giorno nella sua abbazia, per riposare o, come avevo proposto, per un momento di riflessione spirituale. Immediatamente non mi fu possibile accettare, ma mi ripromisi di farlo l’anno seguente.
In quegli stessi mesi, era cominciata la discussione sulla ormai imminente successione alla sede arcivescovile di Westminster. Il Cardiale Heenan, ormai vicino al 70° compleanno, soffriva di cuore ed era deciso a dimettersi. Aveva persino invitato tutti i fedeli a scrivere alla Delegazione Apostolica, per dare suggerimenti in merito alla nomina del nuovo arcivescovo.
Ricevemmo attorno alle 800 lettere, da parte di vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. Stranamente, la maggioranza indicava come candidati gli arcivescovi e i vescovi più anziani, seguendo quindi una visione molto tradizionale e conservatrice.
Un solo vescovo fece il nome di Hume, che però era caldamente appoggiato dal Rev. Bernard Kenney, segretario locale in Delegazione. Il Delegato, Mons. Heim, aveva chiesto il parere su di lui a un paio di altri vescovi, ma il risultato non era stato incoraggiante: buona persona, ma ingenuo e privo di esperienza.
In questa situazione, la mia visita ad Ampleforth, stabilita per la fine del mese di agosto 1975, diventava interessante. Partendo, ricevetti molte raccomandazioni da parte del Delegato, che voleva avere qualche informazione di prima mano.
Nei giorni della mia permanenza nell’abbazia, dal 29 agosto al 2 settembre, vidi spesso l’abate, in diverse azioni e diversi contesti: nella presidenza di una professione religiosa, con mitra e pastorale; nel contatto casuale con i suoi monaci; nel tagliare il fieno nei grandi campi attorno agli edifici; nel nuotare nel laghetto, insieme ai ragazzi della scuola. Parlai anche molto con lui, come segretario della Delegazione a un abate; come sacerdote a un direttore spirituale; come uomo ancora giovane ad uno più maturo.
Scoprii una persona serena e concreta, con molto senso pratico e grande capacità di governo. La comunità di Ampleforth comprendeva una cinquantina di monaci in sede, occupati con le varie mansioni comunitarie e con la direzione di un collegio, molto stimato per livello accademico; altri settanta monaci erano sparsi in diverse parti dell’Inghilterra, responsabili della pastorale in tante parrocchie. Hume li visitava tutti ogni anno, ed aveva quindi una percezione molto approfondita della situazione della Chiesa nel paese.
Tornato a Londra, feci la mia brava, e devo aggiungere entusiastica, relazione al Delegato che, subito dopo, partì per le sue vacanze in Svizzera. Al suo ritorno, ai primi di ottobre, fui io a partire per casa, dove rimasi fino al 6 novembre. Lo steso giorno, era morto il Cardinale Heenan. Durante la mia assenza, Mons. Heim aveva invitato Hume in Delegazione, approfittando di una sua presenza nella capitale. Si erano visti alle 10 del mattino, avevano pranzato insieme e si erano lasciati alle 3:45 del pomeriggio. Senza che il poveretto se ne rendesse conto, era stato esaminato con ogni attenzione per più di cinque ore di fila.
Quello che era stato il mio parere iniziale: “È l’uomo che serve!”, era ormai diventata ferma convinzione del Delegato. La proposta fu accolta, le indagini necessarie, lunghe ed accurate, diedero un risultato positivo. A suo tempo, l’abate George Basil Hume fu nominato dal Papa Paolo VI nuovo arcivescovo di Westminster.