La giustizia in Bolivia 2

Lettera a Miguel

In riferimento ad un caso giuridico del quale ero venuto a conoscenza, ho immaginato di indirizzare a un ragazzo, il cui nome, ovviamente, non era Miguel, una lettera, per esaminare il suo caso. Di fatto la lettera non è stata inviata, ma il testo riflette il contenuto di alcune nostre conversazioni e della soluzione che alla fine è stata scelta.

Caro Miguel,

La tua domanda mi è arrivata come una botta in testa, dopo i tanti tentativi fatti: chiamate a destra e sinistra, sollecitazioni ad amici, spinte di persone influenti… tutto per arrivare a una libertà condizionale con la cauzione di Bs 15.000. Beh, si sa: se tu avessi avuto quel denaro a disposizione non saresti neppure entrato in galera, e, dato che non l’hai, ci sei entrato e ora ci devi restare.

Quando ne uscirai? Tu e io sappiamo che sei innocente. Chi ti deve giudicare invece sa solo che tu sei utile per lasciargli del denaro. Non molto, ma abbastanza e un po’ alla volta, a mano a mano che i tuoi, nella loro disperazione, metteranno a rischio la loro povera economia, conosceranno l’umiliazione di chiedere prestiti e poi di chiedere l’elemosina. E intanto saranno per tutti i genitori di un carcerato, il che deve voler dire “di un delinquente”, anche se non è vero.

E allora: aspettare che di qui a qualche anno la “giustizia” si accorga di te e ti faccia uscire dalla prigione – ma solo dopo che avrai perso una parte importante della tua vita; oppure pagare il giudice – ne sappiamo la tariffa – e riprendere a vivere come è tuo diritto di persona e di cittadino.

Si capisce: comprare un giudice è immorale, e come sacerdote dovrei dirti che non lo puoi fare. Ma il giudice di cui parliamo è già venduto e non ha niente a che vedere con la giustizia: tu lo interessi solo se lo paghi. Altrimenti imputridirai in prigione e a lui non importerà niente.

Quindi paghiamo? Aggiungiamo una nuova paginetta alla lunga storia della corruzione? Credo proprio di sì: lo so che le grandi lotte per la giustizia richiedono dei martiri per essere vinte. Ma non serve che tu lo sia: sei giovane, non hai nessuno che ti metta in prima pagina, perché la colpa, che non hai commesso, è banale e non ha niente di politico. Nessuno si preoccuperà dei tuoi diritti umani, se non lo fai da solo.

E allora paga e vieni fuori, a vivere come è giusto che tu viva.

Quell’uomo, che esibisce il titolo di giudice, non ha nessun diritto sulla tua vita e sulla tua libertà. L’unica possibilità che ci resta è di togliergli un potere che si è attribuito senza averlo. E la nostra speranza è che imputridisca lui, in mezzo alle soddisfazioni di una vita comoda, comprata con il sangue degli innocenti.

Pagalo, non possiamo farci nulla. Ti darò anch’io parte della somma.

                                                                                              Tuo + Giovanni