Kitengela Glass

La fonderia di vetro, creata da Nani Croze a Kitengela, una località a poca distanza da Nairobi, in pieno territorio dei Masai, offriva formazione e lavoro a un gruppo di giovani, dotati di senso artistico e diventati esperti nel modellare il vetro. Nel laboratorio, si utilizzava soprattutto vetro riciclato, che era raccolto e ammucchiato vicino alla fonderia.

Alcune tecniche di fabbricazione erano già ben sperimentate. Per modellare i lampadari della cappella, avevano usato il vetro soffiato e poi l’avevano trasformato in grandi piatti con un rapido movimento rotatorio. Per la parete destinata a sostenere il tabernacolo del Santissimo Sacramento, furono usati blocchi di vetro, spezzati e sagomati con netti colpi di martello. La stessa Nani, mostrandomi la tecnica, si diceva sorpresa per la precisione con cui i ragazzi la sapevano eseguire, ottenendo risultati molto belli.

Per la porta d’ingresso, avevo suggerito di decorare i pannelli di vetro con motivi araldici, presi dagli stemmi dei Papi dal 1962 in avanti: la torre di Papa Giovanni, i monti e i gigli di Paolo VI, le stelle di Giovanni Paolo I.

L’idea era buona, ma la sua realizzazione è stata tutt’altro che facile. Il primo tentativo, con calchi in gesso su cui far fondere il vetro, produsse figure imprecise e poco leggibili. La soluzione vincente fu quella di collocare su un pannello i pezzi di vetro, precisamente tagliati, per formare l’immagine voluta. Il panello era poi collocato nel forno e fatto fondere al punto in cui i pezzi sovrapposti si sarebbero saldati su di esso. La fase più delicata era poi quella del raffreddamento, che doveva essere lentissimo. I fallimenti furono numerosi, specialmente per la torre, ma il risultato finale fu eccellente. E con questa impresa, Nani ebbe una nuova tecnica da poter utilizzare.

Dettaglio della parete del Santissimo

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Dettaglio della parete del Santissimo