Kata Keke

Usando parole prese in prestito dall’inglese, con l’espressione “Kata Keke” si indica una delle parti più importanti delle celebrazioni liturgiche in Kenya: Kata Keke, ovvero: Taglia la Torta.

Spiego di cosa si tratta. Quando andavo in visita, ad esempio, ad una parrocchia per la celebrazione di una solenne Eucaristia, c’erano diversi passaggi a cui era per me necessario, e anche piacevole, sottopormi. Il primo è rappresentato dal gruppo di donne, per lo più della potentissima “Catholic Women Association”, che aspetta l’invitato ad una certa distanza dalla chiesa parrocchiale. Dalla mia esperienza, risultava che le donne si posizionavano sempre più lontano del punto stabilito dal parroco: un piacere che si doveva allungare. L’ospite scendeva dall’auto e di lì continuava a piedi, con le donne che attorno a lui procedevano danzando. L’ideale sarebbe stato che l’ospite si fosse unito alla danza, cosa che ho fatto quasi sempre.

Una volta arrivati in parrocchia, ci sono due azioni che precedono la vestizione e l’inizio della Messa: il piantare un albero – che si fa sempre volentieri – e il firmare il registro degli ospiti. Non di rado, i registri erano più di uno, perché venivano portati appositamente quelli della scuola vicina o delle diverse associazioni presenti.

La celebrazione eucaristica avrebbe dovuto procedere come si sa, ma spesso c’era qualche variazione sul tema: paramenti di festa, anche se dovevano essere violacei; canto del Gloria, anche se eravamo in quaresima; raccolta delle offerte e processione verso l’altare che non finiva mai; lunghissima danza di ringraziamento dopo la comunione; ed infine, il “Kata Keke” di cui vi devo parlare.

Normalmente, questo gesto veniva fatto prima della benedizione finale. Sono però riuscito a ottenere che fosse compiuto dopo l’invito: “Andate in pace”. E mi pare che, contro il timore di chi non era d’accordo per questo, nessuno dell’assemblea si allontanasse prima di gustare la torta.

Un apposito gruppo di signore, spesso con una divisa speciale, portava la torta che esse stesse avevano preparato: di forme diverse, a più piani o in più parti, comunque in quantità sufficiente per poter accontentare tutti i presenti. Una volta che la torta era composta – e parliamo spesso di un vero e proprio monumento – la presidente del gruppo delle signore “leggeva la torta”. Il che vuol dire che spiegava perché il dolce fosse stato fatto in quel modo e quali ne fossero i reconditi messaggi. Una volta, a Kericho, commentai che non mi era mai successo prima di sentire spiegata tutta la teologia cattolica attraverso una torta!

A questo punto, ricevevo un coltello, o un machete, per procedere al taglio della torna: “Kata Keke”, appunto. E in questo ero accompagnato da un canto, con quelle parole come ritornello. Dopo che avevo dato il primo colpo, la presidente che era al mio fianco tagliava un piccolo pezzo di torta e me lo metteva in bocca (applausi); dopo di che io a mia volta prendevo un piccolo pezzo di torta e lo mettevo in bocca a lei (applausi). Intervenivano poi le signore del gruppo, per spezzettare la torta in minutissime parti, che venivano pian piano portate a tutti i presenti, senza che nessuno si muovesse e che nessuno desse l’assalto ai piatti che circolavano.

A quel punto, la liturgia poteva essere ormai dichiarata conclusa.