D – L’8 maggio, il Papa (Benedetto XVI) si recherà in pellegrinaggio in Terra Santa. Qual è l’importanza di questo viaggio nei luoghi santi?
R – Nel 1964, Paolo VI visitò i Luoghi Santi della Palestina e fu il primo Pontefice a farlo. Ognuno dei suoi successori ha sentito il desiderio di andare come pellegrino nella regione nella quale si è svolta l’attività umana di Gesù, che è stata testimone della Sua morte e risurrezione, e che ha visto gli inizi dell’attività apostolica della Chiesa nascente. Per il Successore di Pietro, recarsi in Terra Santa è tornare alle origini della nostra fede e della sua missione. Oggi, poi, sappiamo che proprio in quelle regioni del Medio Oriente si trova uno dei punti di maggiore conflitto del mondo. La visita del Papa in Palestina, in Israele e soprattutto a Gerusalemme sarà certamente l’occasione per un rinnovato appello alla pace ed alla comprensione tra popoli fratelli, che la storia sembra aver ha condannato a non intendersi. Non possiamo del resto dimenticare che, fino a quando la città di Gerusalemme sarà contesa tra le diverse componenti politiche e religiose, che guardano ad essa con particolare rispetto, non ci sarà pace nel Medio Oriente. La pretesa di considerare Gerusalemme come appartenente ad una sola parte rende impossibile ogni discorso di pace.
D – Anche in Italia abbiamo un “luogo santo”, la Santa Casa di Loreto. Qual è l’importanza di questo luogo e il suo significato?
R – La Santa Casa di Loreto ha lo stesso significato dei Santuari della Terra Santa: commemora e ci pone in contatto con i misteri della redenzione che si sono svolti in essi. Qui e là abbiamo luoghi santificati dalla presenza storica di Gesù, e non semplicemente divenuti tali per qualche devozione e per il ricordo di eventi soprannaturali, come visioni o rivelazioni. Per questo, le tre pareti della Santa Casa di Loreto creano un vincolo tra noi e gli episodi fondamentali della storia della salvezza, quali l’Immacolata Concezione di Maria nel seno di sua madre, l’Annunciazione dell’Angelo alla Vergine e quindi l’Incarnazione del Verbo di Dio.
D – Cosa avviene intorno ad essa? Può raccontare con quale spirito i pellegrini vi si accostino e quali “miracoli” avvengono, nel senso di storie di conversione o grazie, materiali e spirituali, di cui lei è a conoscenza e che possono esemplificare come in questi luoghi si incontra Dio?
R – La Santa Casa è, per sua stessa natura, un luogo capace di accogliere i pellegrini e di parlare ad essi nel silenzio e nella semplicità delle sue tre pareti. Penso che il miracolo più frequente testimoniato a Loreto sia quello della pace interiore, ottenuta quando ci si pone in ascolto del silenzio della Casa. Possiamo cogliere così il messaggio che ci giunge attraverso le parole del Vangelo di Luca, che qui possiamo fare nostro ed applicare alla nostra condizione personale. Una grazia chiesta con una certa frequenza è quella del dono della maternità e della paternità, da coppie di sposi che sembrano non poter avere figli. Il numero di coloro che scrivono o vengono a Loreto, per ringraziare la Madonna di questo dono, è impressionante. Vediamo con gioia questi meravigliosi trionfi della vita, in un’epoca in cui la vita sembra essere spesso rifiutata e addirittura combattuta.
D – In che modo lei vive il quotidiano contatto con la Santa Casa, sia dal punto di vista personale, sia dal punto di vista del suo incarico ecclesiale?
D – Il primo sentimento che sento è di tanta gratitudine alla Provvidenza che ha disposto le cose in modo che la fine del mio servizio episcopale dovesse svolgersi qui a Loreto, all’ombra della Santa Casa. Vado avanti con semplicità, cercando di fare il mio dovere, che è nello stesso tempo quello che desidero: aiutare me e i pellegrini a cogliere il significato del santuario e le sue tante ricchezze. Celebro normalmente la Santa Messa nella Casa, attendo alle eventuali funzioni con i pellegrini e, se richiesto, mi rivolgo a loro con qualche esortazione o con delle conferenze vere e proprie. Vorrei soprattutto che ogni pellegrino che viene a Loreto potesse sentire di essere il benvenuto e cogliesse questo senso di familiarità e di ospitalità sincera. Questo dovrebbe essere il primo messaggio offerto da questa Casa, che è la Casa di tutti.
D – C’è un particolare legame tra Loreto e Nazaret?
Loreto e Nazareth condividono lo stesso santuario, che è stato come diviso tra i due luoghi: là è rimasta la parte rocciosa della casa, la grotta; a Loreto sono presenti le pietre delle tre pareti. Non per nulla, in ambedue i luoghi si leggono le stesse parole latine: “Hic Verbum caro factum est – Qui il Verbo si è fatto carne”. Abbiamo in comune il luogo dell’Incarnazione, e questa realtà crea una fraternità intensa tra di noi. Questa convinzione è stata sottolineata da un gemellaggio, ratificato ormai undici anni or sono, che unisce i due santuari e le due comunità civili. A Loreto esiste anche un’associazione che dà un significato concreto a questo gemellaggio, aiutando i membri ad approfondire la conoscenza della Terra Santa e ad offrire il proprio aiuto ad opere di beneficenza svolte a Nazareth per i nostri fratelli più poveri.
D – Un luogo come Loreto vive di pellegrinaggi, anche se nel cristianesimo, a differenza dell’Islam, i pellegrinaggi non sono obbligatori. Qual è l’importanza di questa pratica?
R – Nella vita cristiana, il pellegrinaggio non ha un significato magico, ma un aspetto simbolico, che ci presenta l’immagine della nostra vita come un continuo andare verso Dio. L’insegnamento di Gesù, che ci parla del Regno di Dio come una realtà in continua edificazione, trova nel fatto del pellegrinaggio un momento privilegiato, poiché in esso viviamo i diversi aspetti del cammino di fede: la ricerca di una meta, il muoverci come parte di una comunità, l’affrontare le difficoltà, le debolezze e la fatica che sono proprie del cammino. Il giungere ad un luogo preciso ci aiuta poi a mettere a fuoco alcuni valori fondamentali della nostra vita cristiana: qui a Loreto, il punto di arrivo è il santuario dell’incarnazione, la casa del “sì” di Maria, un luogo nel quale è facile e bello cercare la riconciliazione con Dio e con i fratelli, attraverso l’incontro sacramentale della penitenza. Come vede, in ogni suo aspetto, questo pellegrinaggio offre un aiuto alla nostra crescita spirituale, perché si basa sulla solidità della nostra fede, e non solo sulla emotività di una devozione privata. C’è tanta devozione, naturalmente, e si esprime in forme semplici e spontanee, ma sempre con un riferimento preciso alle verità fondamentali del nostro credo.