Il fornitore di vini della Delegazione Apostolica era un certo signor Kostoris, mercante di lontana origine greca ma londinese da generazioni. Una volta, Monsignor Heim e io siamo stati invitati nella sua cantina, per un pranzo servito in questo ambiente, che sembrava tratto da un film su un soggetto dickensiano. Era, e forse è ancora, vicino a Southwark.
Durante il pranzo, seduto a fianco di Kostoris, gli dissi qualcosa sull’unico vino della zona di Fano che conoscevo, e cioè il Bianchello del Metauro. Da questa conversazione, lui ebbe l’impressione che io fossi un intenditore di vini, e concepì il progetto di avere un pranzo con me, per sondare la profondità della mia conoscenza. Suor Bibi, la cuoca della Delegazione, fu l’intermediaria di questa proposta.
Resistetti fino a quando fu possibile, ma alla fine dovetti accettare. Ci trovammo in un ristorante proprio davanti alla sua cantina: il cibo era di lì, mentre i vini venivano direttamente dalla sua distribuzione.
Non ricordo quanti tipi di vino furono presentati, né ricordo tutti i particolari di quella avventura. Posto alla prova, recitai la parte del sommelier, imitando quello che avevo visto fare soltanto in qualche film. Un dettaglio mi è rimasto impresso: assaggiando un vino rosso, molto corposo, dissi che doveva venire da una zona collinosa e che era stato esposto a molto sole.
Tornando verso la macchina, piuttosto incerto sulle gambe, mi stavo chiedendo come fosse andata, e se il buon Kostoris si fosse accorto che stavo bluffando, recitando più che rivelando conoscenza di vini. Quanto arrivai a Wimbledon, Suor Bibi era già stata avvertita del grande successo dell’incontro, e c’era già pendente un invito per ripetere l’evento.
Decisi che, se la Provvidenza mi aveva aiutato una volta, non avrei potuto rischiare di rovinare tutto tentandola ancora. E fino a quando fui trasferito a Roma, resistetti alle seduzioni della Suora e del mercante, e non accettai nessun ulteriore invito.