Durante il tempo trascorso in Bolivia, ho avuto l’occasione di incontrare alcune persone internazionalmente ben note. Gente famosa, tanto per intenderci.
La prima è stata la regina di Spagna, Sofia, venuta a La Paz in visita ufficiale. Nella cena di gala in suo onore, alla quale fui invitato, come Decano del Corpo Diplomatico fui il primo a salutare la regina, ed avevo pensato di chiederle notizie del P. Bartolomé Vicens Fiols, Cappellano della Casa Reale, che avevo conosciuto e incontrato più volte. Invece, quando fui di fronte a lei, mi uscì solo un breve saluto e niente altro. Un amico spagnolo mi disse poi che Sofia creava attorno a sé un “effetto regina”. Quello che notai più tardi, quando, alla fine della cena, la regina lesse un discorso di saluto, fu l’accento del suo spagnolo, che suonava fortemente tedesco. Il che mi sembrò strano, dato che Sofia è di origine greca e comunque vive in Spagna da ormai tanti anni.
Un altro incontro, del tutto occasionale, fu con l’allora presidente del governo di Spagna, Felipe Gonzales. Terminata una visita a Potosì, ero nel piccolo aeroporto della città, a 4.200 metri di altitudine, per prendere l’aereo e tornare a La Paz. Dall’aereo, che giunse allora, scese il presidente boliviano, Jaime Paz Zamora e con lui, appunto, Felipe Gonzales. Ci fu un breve scambio di saluti, molto cordiale. Poi, notando il poncho che indossavo, Felipe mi disse: “Signor Nunzio, è inculturazione?”. Sorridendo gli risposi: “No, è freddo”:
Il terzo personaggio era il più famoso di tutti, imponente nella sua statura fisica e anche storica, nel bene e nel male: Fidel Castro. Era stato invitato per essere presente al passaggio dei poteri tra il presidente uscente, Paz Zamora, e quello entrante, Gonzalo Sanchez de Lozada. Il 5 agosto 1993, nel ricevimento di saluto del primo, ero andato al palazzo presidenziale in pompa magna, con la veste filettata e il ferraiolo, come quando avevo incontrato il presidente per la presentazione delle lettere credenziali. Fidel era circondato da una folla di invitati, tutti desiderosi di salutarlo. Da parte mia, con tutta quella gente, con bicchieri e pasticcini in mano, non volli rischiare di sporcare il ferraiolo e rimasi a distanza. Il giorno dopo, nel pomeriggio, dopo la presa di possesso in Parlamento, il nuovo presidente doveva affacciarsi al balcone del Palazzo, insieme con i capi di stato presenti e con il Decano del Corpo Diplomatico. Questa volta, ero in clergyman e, naturalmente, avevo un poncho. Mentre aspettavamo per uscire al balcone, arrivò Fidel e, con la sua strana voce acuta, mi disse: “Oggi non è bello come ieri!” Evidentemente, dalla sua altezza, il giorno prima mi aveva visto e ora mi aveva riconosciuto. Bel colpo.