Il missionario con il quale collaboravo nei fine settimana, P. Ignazio Waltingoier, apparteneva alla congregazione dei Sacramentini.
La sua comunità gli aveva permesso di assumere la missione, ma non se ne era fatta carico, in modo che la sua presenza a Yaoundé era considerata una iniziativa personale. Dietro l’insistenza di P. Ignazio, per poter ottenere una formalizzazione della situazione, con il possibile invio di un collaboratore, la congregazione mandò un visitatore, che si rendesse conto dello stato dei fatti. Le sue conclusioni, seppi più tardi, furono molto critiche nei confronti del missionario.
Durante i giorni della sua permanenza, il padre visitatore, un inglese, visitò alcune località vicine, come Mbalmayo, dove lavorava un gruppo di volontarie italiane, di una fondazione di don Francesco Pedretti, e Nkilzok, dove c’era una comunità di Suore Elisabettine.
La visita a Nkilzok fu particolarmente avventurosa e diede l’occasione per un malinteso tra me e il Nunzio Apostolico. Il visitatore venne in Nunziatura e, prima di lasciare, per recarsi appunto a Nkilzok, ringraziò Mons. Jadot per permettermi di essergli di aiuto. Credetti che avessero parlato della visita che doveva seguire, mentre il Nunzio capì la frase come un’allusione generica a quello che facevo in parrocchia. Per cui, quando, per il tempo cattivo, tornai tardi a casa, trovai il Nunzio molto irritato, perché non aveva idea di dove io fossi finito.
In quel pomeriggio, quindi, con P. Ignazio e il benedettino P. Friederik, andammo con la mia auto a Nkilzok, percorrendo la strada in terra battuta. Questa era molto disagevole, perché le piogge precedenti avevano scavato un grande fossato al centro della carreggiata, in modo che si doveva viaggiare con le ruote ai due lati e la fossa al centro, facendo molta attenzione di non scivolare dentro.
Durante la visita, ricominciò a piovere e la previsione era che il ritorno sarebbe stato ancora più difficile, per la scivolosità della strada e per la scarsità della luce, dato che ormai era caduta la notte. Mentre guidavo con molta attenzione, e i due missionari, abituati a queste situazioni, mi davano consigli per evitare rischi, il visitatore continuava a discorrere, dicendo che era contento di sperimentare le difficoltà della vita in missione.
A un certo punto, in una salita più ripida delle altre, la macchina non riuscì più ad andare avanti: le ruote slittavano nel fango e l’unico risultato delle mie accelerate era quello di farci scivolare verso il fosso. Chiesi allora ai tre passeggeri di scendere per spingere. Il visitatore indossava una veste talare bianca. Dato che si era posto proprio dietro alla ruota di sinistra, diedi una forte accelerata, con il risultato che la ruota, slittando, schizzò tanto fango sulla sua veste. Così, pensai, avrà una conoscenza più completa della vita missionaria!
La Provvidenza ci diede una mano: un passante aiutò a spingere e potei ripartire, salendo subito fino alla fine della salita. Lì aspettai gli altri. Il resto del viaggio di ritorno non presentò ulteriori difficoltà.
Non c’è dubbio che quello di sporcare la veste del visitatore sia stato uno scherzo un po’ pesante. Diciamo pure che fu una cattiveria vera e propria, della quale del resto non mi sono mai pentito, e, anzi ne ero allora e ne sono ancora molto fiero.