Il Vietnam Memorial

Nel grande spazio aperto di fronte alla collina del Campidoglio di Washington, ci sono grandi monumenti, in onore di importanti personaggi della nazione: l’obelisco di George Washington, il memoriale di Lincoln, il memoriale di Jefferson. Sono costruzioni solenni, in vari stili, ispirati a modelli greci o rinascimentali. Se ne aggiungono poi altri, di minore imponenza: in ricordo di Albert Einstein, dei caduti della II Guerra Mondiale, dei veterani della Guerra di Corea, delle vittime dell’Olocausto.

L’ultimo che era stato creato era il Memoriale per i Caduti della Guerra del Vietnam. Consiste in un taglio profondo nel prato verde. All’inizio, come concessione alla richiesta di una parte del pubblico, sono state collocate le statue in bronzo di tre soldati, rappresentati in stile iperrealistico. Quando ero lì, c’era anche chi chiedeva che fosse aggiunta una quarta statua, per ricordare le donne cadute nel conflitto. Ho poi saputo che la statua, già allora progettata, è stata collocata nel 1993. Comunque, ai fini della completezza del monumento, le statue, opportunamente collocate a una certa distanza, servono soltanto a rendere banale il complesso, che da solo è invece fortemente evocativo.

L’ampio sentiero fa entrare nel taglio del terreno, con il livello che si abbassa sempre di più, fino al punto in cui non si vede più nulla di quello che c’è attorno. Si cammina a fianco di una parete di granito nero tirato a specchio, sul quale sono scritti i nomi di tutte le vittime di quella disgraziata guerra. Pian piano, si ha la sensazione di restare soli con tutti quei morti e, guardando i nomi, si vede la propria immagine riflessa sulla parete, come in un dialogo silenzioso tra la vita e la realtà della guerra e della morte.

Risalendo dall’altra parte, si prova un senso di liberazione, di ritorno alla vita normale, con una convinzione forte della crudeltà della guerra. Si pensa spontaneamente: “Mai più”.

Ma si sa già che questo non è vero e non sarà vero. Saremo sempre capaci di inventare nuove scuse per combattere altre guerre.

Washington Monument

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