La prima breve visita del Nunzio fuori di Yaoundé, il 9 e 10 ottobre 1971, fu a Sangmelima, centro della diocesi omonima. Lo potei accompagnare, ed ebbi così la prima impressione di un viaggio nel cuore della foresta tropicale, lungo una strada che, dopo i primi 40 chilometri, non era asfaltata ed serpeggiava in mezzo alla foresta.
In quell’occasione incontrai per la prima volta il vescovo locale, Monsignor Célestin Nkou, molto accogliente e cordiale. Aveva studiato a Roma e parlava bene l’italiano. A parte questo, era famoso come autista spericolato, frequentemente coinvolto in incidenti di macchina. Si raccontava che una volta era uscito di strada e il suo “maggiolino” VolksWagen era rimasto incastrato tra quattro alberi. Lui rimase illeso, ma per estrarre la macchina fu necessario tagliare gli alberi e nessuno riuscì a capire come avesse potuto infilarsi lì dentro
Alcuni mesi più tardi, alla fine di febbraio del 1972, Mons. Jadot, vedendomi un po’ stanco, volle che andassi ad Ambam, nella stessa diocesi di Sangmelima, per passare un paio di giorni con i missionari italiani, “così potrà parlare con qualcuno la sua lingua”. A questo proposito, devo ricordare che il Nunzio non parlava per niente l’italiano, anche se lo capiva un po’, e mi trattava sempre con il “vous”.
Andai quindi ad Ambam e la mia presenza coincise con la visita pastorale di Mons. Nkou. Fui presente alle sue catechesi e ammirai la sua vivacità e la capacità di rendere comprensibile ed efficace il suo insegnamento. Aveva con sé fotografie e manifesti, che mostrava per rendere più efficace le sue spiegazioni. Dato che parlava della Chiesa, a un certo punto mi chiamò vicino a sé e mi usò per far capire la ragione della presenza della Nunziatura nel Paese, per mantenere il vincolo tra il Papa e la Chiesa in Camerun.
Più tardi, quando ero incaricato d’affari a.i. dopo la partenza di Monsignor Jadot per gli Stati Uniti, il vescovo Nkou ebbe un nuovo incidente e rimase gravemente ferito. Andai subito a Sangmelima, per rendermi conto della situazione e, al ritorno, scrissi alla Congregazione per l’Evangelizzazione, chiedendo di imporre al presule di non guidare più l’auto ma di farsi accompagnare sempre da un autista.
Célestin Nkou guarì e, obbediente, assunse un autista. In uno dei primi viaggi con lui, si rese conto che l’uomo guardava con molto interesse il panorama, che non conosceva affatto. Il vescovo si offrì allora di guidare per un po’ al posto suo, in modo che potesse guardarsi comodamente intorno. E di lì a poco, grazie alla guida del vescovo, l’auto uscì di strada e si trovò dentro il panorama che si doveva ammirare.