Ogni anno, in una data che non ricordo, si celebrava “La festa degli alberi”, il che richiedeva la redazione di un tema in classe su questo argomento, che sarebbe poi stato mandato al Ministero per una qualche competizione nazionale. Non so se l’evento esista ancora. Oggi avrebbe certamente più senso, data la maggiore coscienza ecologica che, nel corso degli anni, si è acquistata e l’estrema urgenza del problema.
Sta di fatto che in un anno che non ricordo – ma penso che potesse essere la seconda liceo – arrivò la data fatidica, e ci si chiese di scrivere qualcosa di interessante a questo proposito. Già allora, la professoressa di italiano aveva sviluppato un’esagerata passione per il mio modo di scrivere, e mi considerava comunque il migliore nella classe. Qualsiasi cosa scrivessi, prendevo buoni voti ed ero sempre l’unico ad andare al di là del 7 ed a raggiungere, qualche volta, persino il mitico 8.
Questa stima dell’insegnante mi aveva dato la sensazione di essere davvero bravo e per questo mi ero costruito un modo di fare adeguato: il pomeriggio prima di un tema in classe non studiavo nulla, per sgombrare la mente da ogni preoccupazione che potesse interferire con la mia creatività; qualche volta non consegnai neppure il tema, perché “non ero in forma adeguata”. Diciamo pure che prendevo delle pose assurde e dovevo essere molto ma molto antipatico.
Per il tema sugli alberi, quel giorno mi volli divertire. Cominciai ad elencare le tante cose fatte con il legno, con particolare attenzione agli strumenti di morte e di tortura. Ricordo che, più o meno, scrissi: “Con il legno sa faceva il ceppo per tagliare la testa ai condannati, si facevano le forche per impiccarli” e alla fine “e si fanno i banchi di scuola”. Poi partivo con una specie di esagerata esortazione, descrivendo tutto quello che andava male nel mondo e concludendo che la risposta doveva essere quella di piantare alberi e tutto si sarebbe risolto.
La mia feroce ironia non ebbe il risultato provocatorio che avevo sperato. La professoressa commentò alcune delle nostre composizioni e della mia disse che era un bel tema, ma “peccato che ci fosse qualche espressione polemica sulla festa degli alberi”, che non le permetteva di mandarlo a Roma.