Una domenica sera, terminato il lavoro pastorale, ero rimasto a cena nella parrocchia di Mvog Mbi, con i due missionari, P. Ignazio e P. Friederick, e con alcuni laici volontari, che erano venuti dalla brousse e restavano alcuni giorni nella capitale. C’era anche un sacerdote francese, che stava compiendo una breve visita in Camerun.
Durante il pasto, qualcuno, per scherzare con me, menzionò la Nunziatura Apostolica. L’ospite francese, che non mi conosceva e non aveva capito la ragione della battuta, si lanciò in una invettiva contro le Nunziature, che non servono a niente e sono solo uno strumento di potere, fuori posto “dopo il Concilio”.
La sparata fu accolta da un silenzio imbarazzato, che io ruppi, dicendo: “Ma lei si rende conto che parla male di quello che mi fa guadagnare il pane quotidiano?” E, al suo stupore, aggiunsi: “Io lavoro in Nunziatura. Se abolissero le Nunziature, cosa potrei fare io che sono soltanto capace di fare il segretario?” Si rise, e l’atmosfera si distese.
Poco dopo, il prete, che sedeva al mio fianco, mi sussurrò: “Sono contento che lei sia nella Nunziatura, perché, vede, non ho mai capito cosa si fa in Nunziatura. Forse me lo potrebbe spiegare lei”. Quindi polemizzava con forza, ma non sapeva nulla sul tema. Mi presi una piccola rivincita, fondamentalmente cattiva, perché gli dissi: “Stia tranquillo, Padre, in paradiso ci si va anche senza sapere a cosa servono le Nunziature”.