Il 25 settembre era festa grande nel Santuario di Casacalenda, dedicato alla Madonna della Difesa. La chiesa era meta di pellegrinaggi e, non ricordo per quale ragione, il parroco quell’anno non poteva essere presente. Il Vescovo mandò me per dare una mano, ma, in realtà, mi trovai da solo con la celebrazione di tre messe, una dopo l’altra.
La confusione era totale: la gente entrava ed usciva, pregava ad alta voce e sembrava che a nessuno interessasse la celebrazione eucaristica. Durante la prima messa, dopo il vangelo provai a pronunciare l’omelia che avevo attentamente preparato. Mentre stavo parlando, una donna cominciò a gridare per invocare la Madonna. Chiesi che la facessero tacere, ma nessuno mi fece caso. Chiusi alla svelta il mio discorso, e andai avanti con il resto.
Per la seconda celebrazione, dissi solo alcune brevi frasi, che ebbero un successo analogo. Intanto il calore all’interno della chiesa era diventato insostenibile, sudavo tanto ed ero infastidito da tante mosche che mi svolazzavano intorno.
Alla terza messa, non feci nessun tentativo di predica e tirai diritto verso la preghiera eucaristica. Arrivato al “Per Cristo” ero sfinito, e, per intonare il Padre Nostro, presi una grande boccata d’aria, con il risultato che un moscone, che stava svolazzando nelle circostanze, mi entrò in bocca e venne deglutito. Ebbi qualche reazione istintiva di fastidio, che i vicini interpretarono come un malessere. Ma andai avanti e, bene o male, completai anche questa celebrazione.
Tornato in sagrestia, trovai le suore del santuario che mi aspettavano, e una di loro stava sbattendo energicamente un uovo con lo zucchero, per rifocillarmi dopo la prova. Spiegai loro quello che mi era successo: non avevo avuto un malore ma avevo soltanto mangiato un moscone. Ci ridemmo sopra, ma l’uovo sbattuto lo mangiai lo stesso.