La regione dei Grandi Laghi stava in quegli anni conoscendo un periodo di gravi conflitti. Zaire, Rwanda e Burundi erano in primo piano, ma anche i paesi vicini, anch’essi coinvolti, come Uganda e Kenya, vivevano momenti di incertezza. Mobutu stava ormai morendo di cancro e il Rwanda sentiva ancora le conseguenze del genocidio del 1994, con il presidente Kagame che si era impadronito del potere, con la protezione dell’Uganda di Museveni. Laurent Kabila, oppositore di Mobutu, stava muovendo le sue truppe per conquistare un paese ormai allo sbando. Non si trattava di un’impresa militare ma di una passeggiata verso Kinshasa, compiuta con l’appoggio dei paesi occidentali, ufficialmente preoccupati per la situazione dei diritti umani, ma in realtà interessati alle miniere d’oro dello Zaire.
In questa situazione caotica, la Santa Sede lanciò l’iniziativa di una conferenza di pace, convocando a Nairobi, dal 18 al 21 dicembre 1996, rappresentanti dei diversi episcopati interessati. Il Cardinale Roger Etchegaray, nostro ospite in Nunziatura, fu responsabile dell’organizzazione e guidò i lavori.
Al termine della conferenza, il Cardinale doveva ripartire per Roma nella sera di sabato 21, ed aveva quindi una mezza giornata libera. Il suo segretario mi disse che Etchegaray aveva una grande passione per gli animali. Proposi allora una breve spedizione al parco nazionale di Nairobi, piccolissimo in confronto con gli altri immensi parchi del Kenya, ma tuttavia ben fornito di animali selvatici e anche feroci.
Grazie al passaparola tra gli autisti, potemmo trovare un gruppo di sei o sette leoni maschi, i quali però dormivano, certamente perché avevano cacciato e si erano nutriti nella notte precedente. Ma il Cardinale non era contento di vederli dormire. Girammo ancora e tornammo sul posto tre volte, insieme con altre auto di visitatori, ma senza che i leoni dessero altri segni di attività. A questo punto, Etchegaray cominciò a imitare il verso di vari animali: cane, gatto, gallina, agnello … E al belato dell’agnello un leone aprì gli occhi, si guardò intorno e si rimise a dormire.
Intanto però lo spettacolo era stato assicurato: tutti i visitatori ormai non guardavano più i leoni addormentati ma questo anziano ecclesiastico, che, con energia ed entusiasmo, imitava il verso degli animali.
Alcuni mesi più tardi, nel corso del 1997, il Cardinale stesso mi chiamò per telefono, per propormi un quesito: gli era stato offerto un viaggio di una settimana in Kenya, ma voleva essere informato sulla situazione della sicurezza, dato che aveva ricevuto notizie preoccupanti in proposito. Gli chiesi di farmi conoscere il programma e lo potei tranquillizzare: l’itinerario comprendeva una serie di trasferimenti da un parco nazionale all’altro, e prevedeva l’alloggio nei diversi campeggi interni, senza nessuna permanenza nelle città. Ricordando la sua passione per gli animali, lo incoraggiai a venire e ci demmo appuntamento all’Hotel Hilton di Nairobi, dove egli sarebbe arrivato a mezzogiorno di mercoledì 23 luglio, al termine della settimana di esplorazione.
Così feci e attesi il suo arrivo nel salone d’ingresso dell’hotel. Fu una grossa impressione vederlo entrare: abbronzato, sorridente, con la camicia nera aperta fino alla cintura e il petto villoso in piena vista. Il ritratto della gioia e della buona salute.
Alla faccia della gravità cardinalizia. Ma che peccato non avere con me la macchina fotografica!