Vedendo una foto di papa Francesco, con la vesta bianca che rivela la camicia lasciata sopra i pantaloni e poi i pantaloni scuri, mi è tornato in mente il Nunzio Luciano Storero, che giunse a Yaoundé nel mese di ottobre 1973. Aveva un bagaglio ridottissimo: una sola grande valigia, in cui aveva sistemato tutto. In pratica, aveva soltanto i suoi vestiti e nessun oggetto personale. Aveva anche una discreta collezione di shorts, decorati con motivi diversi: orologi, uccelli, vecchie auto, treni. Gli piaceva indossarli sotto la veste bianca, perché così si sentiva libero e fresco.
Le sue vesti bianche erano leggerissime, ma, a mio parere, lasciavano vedere molto di quello che c’era sotto. Lo feci notare e mi presi un rimprovero, come se fossi esagerato nelle mie osservazioni. Una mattina, però, entrando nell’ufficio del Nunzio, lo salutai e gli dissi: “Eccellenza, stamattina abbiamo gli orologi!” Al che chiese, allarmato, come facessi a saperlo. Gli spiegai che li stavo vedendo attraverso la stoffa della veste. E allora si è convinto che la mia non era un’esagerazione.
Il girare con la veste bianca, comunque, continuò a piacergli, e così vestito volle uscire dalla Nunziatura per fare una passeggiata. Lo sconsigliai, ma al solito mi rispose che le mie erano solo fisime. Mezz’ora dopo ritornò a casa furibondo. Vedendo quell’omone – era alto e molto imponente – camminare da solo per la strada di Mont-Fébé, una meta preferita per passeggiate in auto da Yaoundé, in diverse persone lo avevano riconosciuto e si erano fermati per chiedergli se avesse bisogno di qualcosa. La sua passeggiata fu quindi rovinata dal ripetersi di questi incontri.
Una volta di più, dovette capire che i miei suggerimenti non era senza qualche fondamento. Non credo che questo sia servito molto per facilitare i nostri rapporti, che rimasero difficili fino alla fine della mia permanenza con lui in Camerun, fortunatamente durata solo un paio di mesi.