Primo concerto – Cappella Musicale della Santa Casa
Loreto, 7 luglio 2009
In questo primo concerto del Festival Organistico Lauretano, abbiamo la possibilità di ascoltare una selezione di brani musicali, composti da antichi – e meno antichi – Maestri della Cappella Musicale della Santa Casa. Gli autori si succedono dal secolo 16°, fino ai giorni nostri. Alcuni sono ancora ricordati per il loro servizio in Basilica, come il Maestro Remo Volpi, ma poi ascolteremo anche due composizioni del Maestro Giuliano Viabile, Maestro di Cappella tuttora in funzione.
Il brano che sarà eseguito ora – il Magnificat – è del Maestro Luigi Vecchiotti. Si tratta di una composizione a quattro voci dispari e tenore solista che il Maestro Viabile ha ritrovato nell’Archivio Musicale della Santa Casa ed ha trascritto. Tutto lascia supporre che questo brano non sia mai stato eseguito dopo la morte del compositore. Si tratta quindi di una vera rarità musicale, una di quelle che oggi si ha il vezzo di definire “una chicca”!
Il testo usato dal Maestro Vecchiotti ci è ben noto: si tratta del canto che, nel Vangelo di Luca, al capitolo 1, 46-55, è posto in bocca a Maria che visita la cugina Elisabetta. Questa, rispondendo ad una ispirazione divina, riconosce in Maria la Madre del Signore e la saluta con le parole che ripetiamo nella preghiera dell’Ave Maria: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo”.
Maria eleva allora un inno di lode a Dio, che lei ringrazia per le grandi cose che ha fatto, offrendo anche un anticipo di quei valori nuovi, tipici del Regno di Dio, che saranno un giorno proclamati da suo Figlio, Gesù, nel discorso della Montagna.
Una prima domanda che ci poniamo è se le parole riportare da Luca siano state letteralmente pronunciate da Maria. Lo stesso evangelista ci aiuta ad avere una risposta. All’inizio del suo libretto, Luca scrive di aver “fatto ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi”, per scriverne un racconto ordinato e mostrare la “solidità degli insegnamenti” trasmessi. Tra le fonti esaminate, Luca potrebbe aver raccolto le testimonianze di ambienti vicini a Maria, data la delicatezza e l’intimità di alcuni ricordi, che erano ormai parte della fede della Chiesa primitiva.
Se leggiamo il testo del Magnificat, ci rendiamo conto che esso è tutto intessuto di espressioni bibliche, il che sembra molto adeguato alla mentalità di quel tempo, quando le parole della Scrittura Santa erano ripetute e apprese a memoria da ogni buon ebreo. In particolare, possiamo notare una somiglianza molto forte con il canto di Anna, la madre di Samuele, la quale, dopo aver ottenuto il dono della maternità, canta la sua lode a Dio:
“Il mio cuore esulta nel Signore, la mia fronte s’innalza grazie al mio Dio.
Si apre la mia bocca contro i miei nemici, perché io godo del beneficio che mi hai concesso.
Non c’è santo come il Signore, non c’è rocca come il nostro Dio …
L’arco dei forti s’è spezzato,
ma i deboli sono rivestiti di vigore.
I sazi sono andati a giornata per un pane,
mentre gli affamati han cessato di faticare.
La sterile ha partorito sette volte
e la ricca di figli è sfiorita …
Il Signore rende povero e arricchisce, abbassa ed esalta.
Solleva dalla polvere il misero, innalza il povero dalle immondizie,
per farli sedere insieme con i capi del popolo
e assegnar loro un seggio di gloria” (1 Sam 2,1-2.4-5.7-8).
Se possiamo notare qualche somiglianza, notiamo ancora di più le differenze: il canto di Maria è completamente immerso in una atmosfera del Nuovo Testamento, con una percezione molto chiara della relazione con Dio e un sentimento di amore universale verso l’umanità, nella quale non ci sono nemici da umiliare ma soltanto persone da rendere coscienti del piano di giustizia di Dio.
La prima parte è del tutto personale: Maria, diventata Madre, grazie all’intervento dello Spirito Santo, annunciato a Lei dall’angelo, loda il Signore e si nasconde quasi dietro la sua grandezza: “Dio ha guardato l’umiltà della sua serva”. Risentiamo in questa espressione il suono della frase pronunciata da Maria tra le tre pareti della Santa Casa: “Ecco la serva del Signore: avvenga di me secondo la tua parola”.
Quella che segue è una frase profetica, che illumina sia la coscienza che Maria ha della sua missione, sia la comprensione che, fin dall’inizio, la Chiesa ha avuto dell’importanza della funzione materna della Vergine Santa: “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome”. Quella che i fedeli in tutte le parti del mondo hanno sempre sentito, come manifestazione di speciale affetto e devozione per la Madre di Dio non è, come vorrebbero alcuni protestanti fondamentalisti, un aspetto deteriore della nostra fede, quasi una idolatria dalla quale dovremmo purificarci. Essa è in realtà il compimento di una parola profetica, affermata e creduta fin dalle origini della nostra fede, non come abbellimento posteriore e secondario, ma come parte essenziale del deposito delle verità da credere: tutte le generazioni chiameranno beata la Vergine Maria, tutti nel mondo riconosceranno il miracolo di amore compiuto da Dio in lei.
Le frasi che seguono affermano l’attenzione di Dio per i piccoli e i poveri, quasi un anticipo del Vangelo delle Beatitudini. Già nell’Antica Alleanza, Dio aveva manifestato la sua preferenza per i più deboli: il mite Giacobbe invece del robusto Esaù; il balbuziente Mosè invece di Aronne; il piccolo Davide, ultimo dei suoi fratelli, dimenticato dagli altri mentre pascolava il gregge. Ora questa scelta di Dio è affermata attraverso una serie di verbi – sette per la precisione – che mostrano il ribaltamento delle sorti: quello che il mondo privilegia è nulla per il Signore: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo”.
Una parola, adesso, per capire che questo canto di Maria è stato fatto apposta per essere musicato: come i salmi erano scritti con l’idea che fossero non recitati ma cantati, così dobbiamo pensare che il testo del Magnificat sia stato pensato, fin dall’inizio, come una composizione che doveva essere cantata. Così ha fatto sempre la Chiesa, nella sua liturgia, e quando i Vespri sono celebrati solennemente, il Magnificat è appunto cantato. Ma così ha fatto, fin dall’inizio, Maria stessa – ne sono sicurissimo – quando ha cantato ad Elisabetta la sua lode a Dio. E sapete? Sono anche sicuro che, mentre cantava, Maria danzava, con lievi movenze, semplici ed elegantissime, per dare alla sua preghiera il massimo di espressività e di ricchezza.
Ascoltiamo ora il testo intero del Magnificat, nell’ultima traduzione italiana della Bibbia:
“L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome:
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre”.
Ascoltiamo ora la composizione del Maestro Vecchiotti, fin da ora grati al Maestro Viabile per aver riscoperto questo brano e per offricelo questa sera, insieme con i componenti della Cappella Musicale della S. Casa, per il nostro godimento, estetico e spirituale.