Nel mese di marzo, ricevetti la comunicazione che mi indicava che, una volta lasciata la Bolivia, avrei dovuto svolgere la mia prossima missione in Kenya. La destinazione era certamente bella e vedevo con molto entusiasmo la possibilità di tornare in Africa, dopo gli anni belli, ma ormai lontani, trascorsi in Camerun.
L’unico problema era il tempo della pubblicazione della notizia e i Vescovi condividevano il mio timore. Avevo già completato il lavoro per presentare alla Santa Sede la proposta per la nomina di un nuovo Arcivescovo di La Paz, ma l’annuncio del mio trasferimento avrebbe potuto dare l’impressione che si voleva procedere a un salomonico: fuori l’uno e fuori l’altro!
Così infatti fu interpretata la decisione, e da parte di Sainz ci fu la sensazione che la decisione che lo riguardava, e che era già stata formalizzata con le sue dimissioni, potesse essere rivista. Partì una campagna di stampa contro di me, suscitata da alcuni presbiteri molto legati all’Arcivescovo, che però si rivolse anche contro gli altri vescovi, colpevoli, si disse, di non aver difeso il loro confratello.
A riguardo della mia nomina in Kenya, seppi più tardi che, quando si decise di rimandare il mio trasferimento perché potessi gestire la transizione a La Paz, qualcuno – e non mi è difficile pensare chi fosse – disse al Papa che sarebbe stato il caso di nominare un altro Nunzio per Nairobi e trovare una diversa destinazione per me, una volta che la situazione in Bolivia fosse stata sistemata. La risposta di Giovanni Paolo II fu: “No. Quando avrà finito quello che c’è da fare, Tonucci andrà in Kenya”.
Un’altra buona ragione per cui devo essergli molto grato.