Loreto 12 luglio 2008
La musica, ogni tipo di musica, è parte della natura fin dal principio. Quando l’uomo fu creato, tra le prime sensazioni che ha dovuto sperimentare, ha potuto ascoltare il canto degli uccelli, che erano nel giardino già da qualche tempo.
Quando poi il primo uomo ricevette dalle mani di Dio la sua sposa, le rivolse quello che è stato definito come la prima poesia d’amore dell’umanità:
Questa volta essa
è carne della mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall’uomo è stata tolta (Gen 2,23).
Sarebbe bello sapere se lo scrittore ecclesiastico, che rifletteva su quel momento, pensava che, effettivamente, Adamo abbia cantato ad Eva la sua dichiarazione. Sarebbe quindi stata non soltanto una prima poesia d’amore, ma una prima serenata.
Sono convinto che l’uomo e la donna abbiano scoperto ben presto che le loro voci potevano modulare toni gradevoli, passando poi da semplici cantilene a canti più elaborati.
Non so invece quando l’uomo abbia scoperto per la prima volta che il suono provocato in natura potesse essere una musica gradevole, e potesse essere riprodotto. Pensate, per esempio, all’esperienza di chi, per primo, ascoltò il suono che il vento faceva soffiando in un passaggio stretto, tra due rocce o all’interno di un legno cavo. Forse ne ebbe paura, ma forse il suono gli piacque ed egli provò a ripeterlo soffiando all’interno di una canna vuota, cominciando a utilizzare un flauto primitivo, che a mano a mano divenne più duttile e facile da controllare. Fu la prima intuizione di quello che, dopo tante esperienze e dopo tentativi diversi, diventerà l’organo a canne. Qui ne abbiamo un esemplare notevole, con 5239 canne, con 75 registri reali, e con meccanismi elaborati e complessi. Ma tutto deriva da quel primo soffio, da quella prima intuizione e da quel godimento di un suono che aveva provocato piacere all’ascolto.
Forse voi ricordate la frase di S. Agostino, che diceva che chi canta prega due volte. Quando ero in Africa, avevo aggiunto una seconda affermazione: chi balla prega tre volte. Ma, naturalmente, questo si poteva capire in una cultura in cui anche i movimenti del corpo potevano esprimere sentimenti di lode e di amore a Dio. Lasciamo da parte la danza, e chiediamoci: e chi suona? Io non so suonare niente e neppure conosco la musica. Per questo nutro la più grande stima per chi legge la musica e sa suonare un qualsiasi strumento.
Se parliamo poi dell’organo, resto in una ammirazione riverenziale, che non sono neppure capace di esprimere. Pensate alla sensazione di potere che deve avere un musicista quando, toccando lievemente i tasti con le sue dita, spingendo i pedali e mescolando timbri e toni, fa uscire una quantità di suoni limpidi e leggeri, oppure forti e solenni, riempiendo in questo caso la basilica con una musica che ispira un senso di gioia e di godimento che è tutto spirituale. Vorrei anche dire: è religioso.
Per questo, il concerto d’organo è al posto suo in chiesa e chi vi prende parte ascolta della bella musica e prega allo stesso tempo. La lode a Dio è espressa con la potenza dei suoni, l’armonia delle composizioni, la perfezione dell’esecuzione. Qualunque sia il personale atteggiamento del maestro, questo concerto è sempre una preghiera, molto bella e quindi molto efficace.
Questa sera, il nostro ascolto è guidato ad una selezione di musica barocca tedesca, con composizioni che vanno dalla seconda metà del 1600 alla prima metà del 1700. Il maestro Antonio Frigé ha scelto tre autori noti, e specialmente il terzo è molto famoso: Johann Pachelbel, Johann Gottfried Walther e Johann Sebastian Bach.
La musica proposta, l’avete sentito in parte e lo sentirete ancora, ha un tono solenne e raccolto: permette di meditare, ci aiuta a restare raccolti, l’ascolteremmo volentieri in un una pausa di silenzio durante una celebrazione liturgica. Talvolta gli autori riprendono temi elaborati da altri artisti – Walther elabora un concerto dell’artista italiano Taglietti; Bach riprende un concerto di Vivaldi – ma talvolta si ispirano a melodie tradizionali, di canti popolari e per lo più di temi religiosi.
Walter prende un inno luterano “Meinen Jesum lass ich nicht” (Io non lascio il mio Gesù) e ne propone delle variazioni, che arricchiscono la melodia, e, rispettando sempre l’ispirazione di partenza, ne esplorano le possibili diverse soluzioni. Le parole del canto originale sono una vera e propria preghiera, che possiamo ricordare durante l’esecuzione:
Io non abbandono il mio Gesù
perché si è sacrificato per me,
così il mio dovere
è quello di aggrapparmi a Lui.
È la luce della mia vita.
Io non abbandono il mio Gesù.
Di Johann Sebastian Bach, oltre al concerto con variazioni da Vivaldi, ascolteremo un corale organistico, anch’esso di contenuto religioso: “Allein Gott in der höh sei Ehr” (a Dio solo sia onore dall’alto). La prima strofa dell’inno dice così:
A Dio solo sia onore dall’alto
a riconoscenza della sua bontà,
per questo ora e sempre
non ci può colpire alcun peccato.
Dia ha dato a noi il bene,
ora noi abbiamo pace ininterrotta,
ogni guerra ha ora fine.
In origine, questo inno era stato composto per rappresentare le lodi che gli angeli rendono a Dio, quando annunciano ai pastori la nascita del Salvatore. Un canto, quello degli angeli, che avremmo tutti avuto grande desiderio di poter ascoltare in diretta … Ma sarà per un’altra volta. Intanto, ringraziamo Dio per aver ispirato grandi geni della musica a presentarci qualche interpretazione delle melodie del cielo, in anticipo su quello che potremo godere nella gloria e nell’amore di Dio.
L’ultimo pezzo del repertorio di questa sera è una famosissima toccata e fuga di Bach. Richiede una grande maestria da parte dell’esecutore e l’ascolteremo con attenzione. Il tono svelto e allegro aiuterà, ancora una volta, ad esprimere il nostro ringraziamento a Dio per averci permesso di godere della bellezza di tante cose, ora in particolare della musica. Pensate a questo: quando Dio Creatore ha messo il primo uomo e la prima donna nel giardino, ha dato loro la missione di soggiogare e dominare la terra. Una forma di questo dominio è proprio la creazione artistica, uno dei modi più belli, dopo la paternità e la maternità, in cui noi possiamo completare e persino perfezionare l’opera creatrice di Dio.
Vi auguro quindi di partecipare bene a questo concerto e, se permettete, anche di vivere un buon momento di preghiera: fatta non di parole dette o pensate, ma solo di sensazioni di bellezza ascoltate. A ispirare la preghiera non sarà il sermone di un prete, o di un vescovo, ma la melodia di grandi musicisti interpretati da un grande maestro. Il che, naturalmente, è molto più piacevole.
Buon ascolto.