Colloquio con Dereck Worlock

Quando, con la morte del Cardinale Heenan, si rese vacante la sede arcivescovile di Westminster, uno dei possibili candidati era, a parere di alcuni, il vescovo di Portsmouth, Dereck Worlock. Questi era stato sacerdote di Westminster e, prima di essere nominato vescovo, aveva lavorato per anni come segretario arcidiocesano, avendo quindi un’esperienza molto approfondita della circoscrizione e dei suoi problemi. Forse proprio per questa ragione molti, del clero di Westminster, non avrebbero desiderato vederlo ancora a Londra.

Contemporaneamente alla provvista di Westminster, però, era stato necessario lavorare alla nomina di un nuovo arcivescovo di Liverpool, dato che il titolare, raggiunti i 75 anni di età, aveva presentato al Papa la sua rinuncia. E questo sembrò essere il posto più adatto per Worlock, che avrebbe potuto svolgere un lavoro importante in quella arcidiocesi, con la popolazione cattolica più numerosa in Inghilterra, e situata nella regione più industrializzata.

Il Papa Paolo VI accolse le proposte della Delegazione Apostolica e nominò Dereck Worlock a Liverpool e Basil Hume a Westminster. I due candidati vennero convocati separatamente e Monsignor Heim chiese a ciascuno l’accettazione della nomina.

Nel colloquio con Worlock, Mons. Heim fece capire che quanto gli era ora offerto era il meglio che si poteva fare, dato che la sua presenza a Londra non sarebbe stata gradita in certi ambienti. Mons. Worlock ne fu certamente deluso, ma accolse la nomina in spirito di obbedienza.

Dopo il pranzo, dovetti accompagnare il vescovo ad una stazione piuttosto lontana, perché potesse prendere il treno per tornare a Portsmouth. Durante il viaggio, approfittai per chiedergli alcune informazioni. Un fatto, in particolare, mi aveva incuriosito durante lo studio della provvista: in diocesi di Portsmouth quasi nessun sacerdote aveva lasciato il ministero negli anni di grosse difficoltà, che si erano vissuti dappertutto durante alcuni anni precedenti. Non c’erano state crisi? La sua risposta fu semplice ma molto bella: “Crisi ce ne sono state, ma, quando un sacerdote era in crisi, non l’ho mai lasciato solo”.

Pensando poi alla delusione che doveva aver provato, attaccai un discorso a cui non avevo pensato prima, ma che mi venne del tutto spontaneo. Parlai della vocazione alla croce, che talvolta ci può essere chiesta, e per la quale è bene che ci teniamo pronti, scoprendone il valore nel piano di Dio. Lì per lì, mi ascoltò attento, ma non fece commenti.

Anni dopo, quando ci incontrammo a Roma, dove ero stato trasferito, mi sorprese dicendomi: “Ripenso spesso a quello che mi hai detto, sulla vocazione alla croce. Mi è stato e mi è molto utile”.