Questa è una riflessione che potrebbe andare bene in qualsiasi altro periodo della mia vita. La inserisco qui, perché mi sembra che questo possa essere il suo posto. O almeno uno dei suoi posti.
Nel lavoro di una Nunziatura, la descrizione di un problema passa sempre attraverso una lunga e attenta fase di studio. Chi capisce tutto subito rischia di prendere degli abbagli. Si suppone che chi ha come propria missione di comprendere i problemi che si presentano nel territorio di sua competenza, per poi informarne adeguatamente la Santa Sede, eserciti, con pazienza e per un tempo adeguato, una buona dose di spirito di osservazione. Quasi sempre ci si deve accorgere che i problemi non sono facili da descrivere senza fare adeguate distinzioni e senza completare i “sì” con qualche “però”. In mancanza di questi ultimi, anche i primi rischiano di non essere più veri.
In uno dei paesi nei quali ho prestato servizio, c’era una situazione di queste, con alcuni “sì” e altrettanti “però” che si completavano a vicenda, per offrire un quadro reale della situazione. Avevo preparato un rapporto che descriveva questi fatti, ponendo in buon risalto sia gli aspetti che potremmo dire positivi, i “sì” appunto, sia quelli negativi, e cioè i corrispondenti “però”.
Quando mostrai al Nunzio il mio lavoro, egli fu d’accordo sulla correttezza dell’analisi, ma non fu d’accordo sull’uso da farne: “Hai ragione, ma sai che a Roma queste cose non le vogliono sentire. Sarà meglio che togli la seconda parte”. “Ma, Eccellenza, senza la seconda parte anche la prima non è più vera”. “Sì, lo so, ma sai come sono le cose. Fai come ti ho detto”. Era lui che comandava, e soprattutto era lui che firmava il rapporto. Che quindi partì verso Roma con tutti i “sì” e senza i “però”.
Alcuni mesi dopo, il Nunzio fu trasferito altrove e ne venne uno nuovo. Il problema, sempre quello, tornò a galla e questa volta fu lui a scrivere un rapporto, che mi volle leggere, prima di affidarmelo perché lo scrivessi a macchina – non era ancora nata l’era dei computer. Nemmeno a farlo apposta, c’erano tutti i “sì” ed anche, messi in buona evidenza, i “però”. Mi disse: “Lo so che a Roma non amano queste cose, ma questa è la verità e noi dobbiamo fargliela sapere”. Prese ancora due giorni per riflettere, e quindi mi passò il suo manoscritto: “Forse non piacerà, ma questo è quello che dobbiamo dire”. Con grande gioia, trascrissi il testo, questa volta onesto.
A suo tempo, il primo Nunzio, ora defunto, divenne cardinale. Anche il secondo è morto, ma lui cardinale non c’è diventato.