Durante la mia infanzia e adolescenza, era diventato un bugiardo professionista. La faccia tosta e una certa abilità di recitazione mi aiutavano a fingere su tante cose, soprattutto per nascondere a casa i brutti voti che prendevo a scuola.
Mi ero creato una strategia, giustificata dal principio di legittima difesa: quando ricevevo una nota negativa, aspettavo di averne una buona per presentare le due insieme. Il brutto è che, spesso, i voti brutti si accumulavano e quelli buoni non arrivavano mai. Il che aggravava la situazione, rivelava infine la bugia e mi creava una ben meritata fama di bugiardo.
Purtroppo a questo fatto si accompagnava la facilità con la quale arrossivo. Quando in casa si cercava il colpevole di qualche misfatto, sapevo che sarei stato comunque accusato io e, al solo pensarci, diventavo tutto rosso. Il che diventava la prova della mia colpevolezza.
Stante questa mia fama, ormai in casa nessuno credeva alla mia parola. Quando mia madre incontrava qualcuno dei miei compagni di classe, chiedeva loro notizie sui miei risultati scolastici, mettendoli in grave imbarazzo: non sapendo fino a che punto avevo nascosto la mia situazione, neppure loro sapevano cosa fare, per non tradirmi.
Quando ho deciso che era ormai ora di cambiare questo modo di fare una volta per tutte, mi resi conto della verità del detto, che mi era stato ripetuto tante volte: “A buon nome sta la strada”. Continuai ad essere considerato bugiardo.
Credo che mi fu dato qualche credito solo quando, avendo fatto conoscere la mia volontà di diventare prete, lasciai casa per entrare in seminario.