Durante gli anni in cui Malta era governata dal Primo Ministro Dom Mintoff, la situazione della Chiesa locale si era fatta difficile. Il governo applicava continuamente nuove restrizioni alle attività religiose, disponeva sequestri di beni ecclesiastici, come se volesse ridurre o addirittura eliminare la forte presenza della Chiesa Cattolica e il suo impatto nella vita sociale dell’Isola.
Seguivo gli affari maltesi insieme con un altro minutante, più anziano e competente di me. Ero stato presente ai colloqui tenuti in Segreteria di Stato con una delegazione del governo maltese. Il dialogo era difficile e Dom Mintoff non era disposto a trovare una qualche forma di intesa con la Chiesa di Malta. La sua intenzione era di trattare direttamente con la Santa Sede, escludendo dai colloqui i Vescovi delle due diocesi maltesi.
Nel mese di settembre 1983, in occasione del Congresso Mariologico e Mariano, che si svolgeva a Malta, il Papa Giovanni Paolo II chiese al Cardinale Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Palermo, di rappresentarlo come suo Legato. Diversi ufficiali della Segreteria di Stato furono richiesti di accompagnarlo, per fare parte della Legazione, ma nessuno era disponibile per varie ragioni. Alla fine, come ultima opzione, mandarono me.
Dal 16 al 19 settembre, siamo stati ospitati nella Nunziatura Apostolica, dove c’era un Incaricato d’Affari. Dal 1978, in considerazione della situazione di ostilità, non era stato accreditato un Nunzio Apostolico.
La visita del Cardinale fu vista dalla gente di Malta come un’occasione per manifestare il suo attaccamento alla Chiesa: le strade che dovevamo percorrere erano piene di gente, che applaudiva e gridava “Viva il Papa”. La partecipazione alle celebrazioni liturgiche fu davvero oceanica.
La Presidente della Repubblica, Agata Barbara, ci ricevette per una cena di Stato, della quale ricordo solo il menù piuttosto modesto, iniziato con un minestrone bollente, presentato come piatto tipico dell’isola. Subito dopo la cena era previsto un incontro con Dom Mintoff.
Pappalardo e io siamo stati accompagnati attraverso un breve corridoio e condotti in una sala, nella quale il Primo Ministro, insieme al Ministro degli Esteri, ci stava aspettando. L’Incaricato d’Affari, che ovviamente avrebbe dovuto essere presente, fu impedito di entrare.
Nella conversazione, tutto andò male. Dom Mintoff cominciò col dire che stimava il Cardinale perché aveva in comune con lui la grande stima per il Papa Paolo VI e la lotta contro la mafia. Pappalardo non notò lo sgarbo fatto a Giovanni Paolo II, che lui rappresentava, ma non apprezzò il riferimento alla mafia. Lui insisteva nel dire che non lottava contro la mafia, ma predicava il Vangelo!
Un grave imbarazzo fu provocato dal testo di una nota, che era stata inviata per telex dalla Segreteria di Stato. In essa, il Ministro degli Esteri notava una possibile flessibilità da parte nostra. Ascoltando però il testo, che conoscevo, ebbi la sensazione che mancasse una frase. Uscii per chiedere la nota all’Incaricato d’Affari e potei spiegare che il testo intero non permetteva il tipo di interpretazione che volevano dare.
Il Ministro assicurò che il testo non era stato alterato da loro, ma riconosceva che quindi non c’era spazio per una trattativa. Dom Mintoff uscì invece con una affermazione azzardata: “Noi abbiamo ricevuto una nota e restiamo a quella. Chi ci dice che quella che ci sta leggendo Monsignor Tonucci sia quella vera?” La mia risposta fu immediata: “Signor Primo Ministro, sono sicuro che la nota non è stata alterata da voi, ma non le permetto di dubitare della mia parola: il mio testo è quello autentico!”
Verso la conclusione dell’incontro, Pappalardo aggiunse una serie di osservazioni critiche nei confronti del governo maltese, per le quali Dom Mintoff si dichiarò offeso. Ma il Cardinale non retrocesse: “Io non offendo, ma sto semplicemente dicendo la verità”.
La speranza di trovare uno spazio di riconciliazione era svanita del tutto. L’Arcivescovo Mercieca ne fu contentissimo: il timore dei cristiani del posto era che la Santa Sede trovasse qualche compromesso con il governo, a scapito della Chiesa locale.
A me rimase la sensazione di aver esagerato, nella mia sparata con il Primo Ministro. Ho riso spesso di me stesso, pensando che in fondo ero stato mandato lì solo perché non avevano trovato niente di meglio.