5 giugno 2008
In questi giorni, nella splendida cornice della Cappella Tedesca del Santuario di Loreto, è esposta un’immagine di grande bellezza, e capace di suscitare forti emozioni: il Corpo della Sindone. La scultura, fusa in bronzo, riproduce in pieno rilievo la figura impressa nel lenzuolo conservato a Torino. Questo grande telo di lino, la cui antichità è ancora oggetto di studi e di ipotesi diverse, contiene una serie di informazioni che lo rende un documento unico nella sua ricchezza di particolari. Esso ha la capacità di farci entrare in contatto con i più minuti dettagli della passione di Gesù.
Secondo alcuni studiosi, l’uomo della Sindone potrebbe essere uno qualsiasi dei tanti condannati a morte ai tempi dell’occupazione romana della Palestina. Come ogni condannato a morte, egli è stato maltrattato, prima di essere ucciso. È anche stato flagellato, secondo una prassi di tortura che sembra fosse allora comune, per infierire sul condannato e per debilitarlo in modo che potesse morire presto. La flagellazione di Gesù ebbe invece un’altra ragione, dato che con essa Pilato sperava di far impietosire i Giudei, che si sarebbero accontentati di quella punizione (Gv 19,1). L’uomo della Sindone mostra nelle mani e nei piedi i fori profondi provocati dai chiodi, che servivano per assicurare il condannato alle due travi della croce. Anche questo corrisponde al normale modo di amministrare il supplizio, e quindi questi segni potrebbero corrispondere a qualsiasi crocifisso. Ed erano tanti a subire quella pena, sotto il dominio crudele dell’impero romano.
Ci sono però altri segni, più specifici, che fanno pensare con insistenza alla possibilità che questo uomo sia proprio Gesù di Nazaret, la cui passione è raccontata in sobri dettagli dai quattro Vangeli. Il primo particolare è il gonfiore sotto l’occhio destro, che sembra provocato da un duro colpo inferto con un pugno o un bastone: “Una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù” (Gv 18,22). Il secondo, ancora più impressionante, sono i rivoli di sangue sulla testa, che indicano una coronazione con rami spinosi. Il fatto, nella sua rara crudeltà, richiama qualcosa che avvenne solo nella passione di Gesù, che fu venerato per burla come re dei Giudei: “E i soldati, intrecciata una corona di spine gliela posero sul capo” (Gv 19,2). Abbiamo infine la ferita nel lato destro del torace, che servì per assicurare che Gesù era già morto: “Uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue con acqua” (Gv 19,34). Sono episodi che escono dalla normalità di quello che accadeva sempre nelle esecuzioni capitali, ma furono presenti nella passione del Signore, ognuno per ragioni ben precise.
L’artista che ha modellato l’Uomo della Sindone, lo scultore Mattei, è convinto che l’esposizione della sua opera a Loreto sia un punto di arrivo. Alla mia domanda per una spiegazione, egli è stato molto chiaro: “Ma non capisce? Il Corpo è esposto proprio vicino alla Santa Casa, il luogo in cui quello stesso Corpo fu concepito”.
Nella Cappella Tedesca, questa verità è resa ancora più evidente: nella rappresentazione dell’adorazione dei magi, contempliamo Maria in trono, con il Bambino sulle sue ginocchia. Nella parete di fronte, con la crocifissione, è rappresentata la pietà, con il corpo morto di Cristo retto dalla Madre Addolorata, e, dall’altro lato, la deposizione nel sepolcro.
La visione della scultura dell’Uomo della Sindone è un’occasione privilegiata per compiere una meditazione sulla passione del Signore. Quale gesto più bello per svolgere il mio esame di coscienza, vedendo quei segni che sono la conseguenza dei miei peccati? E quale luogo più adatto per dire al Signore il mio grazie per il perdono ricevuto nel sacramento della Riconciliazione?
L’ostensione dell’Uomo della Sindone così vicino alla Santa Casa richiama, con una evidenza speciale, l’opera di Maria, che ha donato al Figlio di Dio un corpo: quel corpo che, martoriato con indicibile crudeltà durante le ore della passione, vive ora nella gloria di Dio. È un corpo ormai glorioso che non può più patire. Ma porta in sé i segni della passione, per ricordare sempre a Dio Padre e a noi a quale prezzo la Sua misericordia è stata conquistata.