Più volte mi è stata posta la domanda se, nel corso della mia missione in vari paesi, avessi dovuto affrontare situazioni rischiose per la mia vita. La risposta è sì, e credo di aver vissuto i rischi maggiori durante i viaggi in auto.
In Bolivia, tra La Paz e la cittadina di Coroico, c’è il cammino de los Yungas, itinerario che è stato più volte descritto come la strada più pericolosa del mondo, al punto di essere anche chiamato: “carretera de la muerte”. A me è capitato di percorrerla decine di volte, e posso confermarne la pericolosità, perché in ogni occasione potevo vedere i segni di nuovi incidenti: auto, camion, pullman precipitati in basso, grossi carichi di mercanzie varie finite nei diversi burroni.
Lasciando La Paz, la strada sale fino alla Cumbre, a m. 4.600 di altitudine. Poi scende rapidamente fino a Coroico, in modo che, nel giro di due o tre ore si arriva ai m. 600 della cittadina. Come vegetazione, in alto ci sono solo muschi e licheni, in basso frutta tropicale, come arance e banane. La strada, stretta e non asfaltata, permetteva il passaggio di un solo mezzo alla volta, lungo un itinerario molto accidentato, che saliva a serpentina a fianco della montagna. A intervalli irregolari c’erano delle piazzole, dalla parte esterna della strada, in cui chi scendeva doveva spostarsi per lasciar passare chi saliva, che aveva sempre la precedenza. Si doveva avere l’occhio attento, per vedere in anticipo i grossi mezzi in salita, ed aggiustarsi nella piazzola più vicina, al fine di evitare lunghi itinerari in retromarcia. Chi avesse sofferto di vertigini non avrebbe mai potuto scendere per quella strada, dato che i precipizi erano ripidi e profondi più di mille metri, e sempre a portata di sguardo.
Non c’è dubbio che il rischio era reale e sempre presente, ma, grazie soprattutto all’abilità dell’autista, non ho mai avuto alcun incidente ed ho sempre goduto l’emozione di viaggi impressionanti e, anche per questo, memorabili. Ma proprio per la pericolosità della situazione, non ho mai potuto scattare una foto in quell’itinerario. Ora che ci ripenso, me ne rammarico, ma allora avevo sempre la testa occupata con ben altri pensieri. La foto allegata non è altro che una triste immagine di repertorio!