La signora Tilde Renzi era la nonna di alcuni ragazzi del gruppo Scout Roma 22, del quale ero assistente spirituale. Frequentavo con una certa frequenza la famiglia e la nonna mi aveva ormai adottato come suo nipote.
Durante un pranzo, avevo notato che la nonna, sempre molto elegante e con una attenta scelta di gioielli, aveva un anello con un grosso topazio. Scherzando, chiesi di poterlo provare, al che la nonna disse: “Nipote, questo te lo regalo per quando diventerai vescovo”. Continuando nello scherzo, promisi di accettare il dono, a condizione che, in quella eventuale circostanza, fosse lei stessa a darmelo. Allora, nonna Tilde aveva 84 anni di età.
Dopo di allora, non vidi più l’anello ma non chiesi nulla, per non sembrare indiscreto. In fondo, non avevo preso sul serio quello che era stato detto in quella occasione.
L’estate precedente alla mia nomina a Nunzio in Bolivia, la figlia di nonna Tilde mi chiese la misura del mio dito anulare e mi spiegò che, da quando c’era stato quello scambio di battute, la nonna aveva messo da parte l’anello, avvolto con un foglio di carta in cui aveva scritto: “Questo anello è per don Giovanni, quando diventa vescovo”. Ormai la nonna aveva 94 anni e temeva di non essere più viva quando la cosa fosse accaduta. Ora voleva che la pietra, che aveva una montatura leggera, fosse sistemata su un anello più consistente, più “da vescovo”.
Fu quindi giocoforza prendere le misure del mio dito e il lavoro fu fatto con qualche anticipo sulla decisione del Papa. Ma il 6 gennaio 1990, nella basilica di San Pietro, nonna Tilde fu presente in prima fila alla mia ordinazione episcopale e poi, durante il ricevimento che seguì la celebrazione, poté verificare che il suo anello, ormai mio, era al mio dito.