Per la domenica 17 luglio 1988, l’impegno per un appello missionario mi doveva portare a Fairport, nello stato di New York. La località è vicina alle cascate del Niagara, che segnano il confine tra gli Stati Uniti e il Canada. Partito da Washington il venerdì pomeriggio, ero d’accordo con Corrado, giovane scout del Gruppo Roma 22, che era agli studi nell’Università di Princeton, di trovarci lungo la strada e di proseguire insieme.
Solo allora mi venne in mente che la vista più completa e suggestiva delle cascate si può vedere dal lato canadese, ma, per passare il confine, sarebbe stato necessario il passaporto, che non avevo portato con me. Al primo telefono pubblico trovato per strada, chiamai la Nunziatura e chiesi a Tim di inviarmi per posta il documento all’indirizzo della parrocchia a cui ero diretto.
Per la notte facemmo sosta in un motel e continuammo il viaggio la mattina seguente. Ai Fingers Lakes facemmo una sosta per fare una nuotata e poi riprendemmo la strada.
Quando arrivai a Fairpot, il parroco mi avvertì che era stato consegnato un plico postale: il passaporto era già arrivato. Le poste statunitensi funzionavano, certamente meglio di quelle europee. E non dico nulla di quelle jugoslave!
Trascorsi la domenica presentando il mio appello nelle omelie di tutte le Messe e in buona conversazione con il giovane parroco. La mattina dopo, Corrado e io eravamo pronti per andare a vedere le famose cascate.
Arrivati al confine, ebbi la sgradita sorpresa di non poter passare al lato canadese perché avevo il passaporto ma non il visto, che non sapevo fosse richiesto. Quindi passaporto inutile e niente Canada.
Rimediammo prendendo tutte le possibilità di visita che ci erano offerte: terrazze panoramiche, sentiero sotto le cascate, giro in battello, volo in elicottero. Alla fine, avevamo visto tutto quello che si poteva vedere, ed eravamo ormai pronti per tornare a casa, lui al suo studio e io al mio lavoro.