In un quartiere popolare di Belgrado, era presente una comunità delle Piccole Sorelle del Vangelo di de Foucauld. Avevo parlato con loro alcune volte, e un paio di volte mi invitarono anche a celebrare Messa nella loro cappellina, contente di poter avere la celebrazione in lingua francese.
Mi spiegarono il loro modo di essere presenti in quella società, in cui la maggioranza della popolazione è di religione cristiana ortodossa, ma sotto il regime comunista. Prestavano servizio come donne delle pulizie in un ospedale. Mantenevano delle relazioni amichevoli con le loro colleghe di lavoro, che sapevano della loro condizione di religiose. La festa di Natale era celebrata in giorni diversi: dai cattolici, il 25 dicembre, e dagli ortodossi, il 7 gennaio. Poiché ambedue le date erano allora giorni lavorativi, le impiegate ortodosse si sobbarcavano il turno delle suore nel loro giorno di Natale, e queste le sostituivano nella data ortodossa.
Quando le Piccole Sorelle partecipavano alle riunioni del clero e delle religiose della diocesi di Belgrado, si creava per loro una situazione di disagio. Per il loro lavoro, esse avevano imparato e parlavano la lingua locale, e cioè il serbo. Per questo, erano rimproverate dagli altri, perché, essendo cattoliche, avrebbero dovuto parlare il croato. Il fatto è che, a parte alcune parole diverse e alcuni dettagli nella pronuncia, si tratta in realtà di una stessa lingua. Ed è ovvio che chi, come loro, viveva e lavorava in Serbia, dovesse adoperare la lingua del posto.
Ma l’insistenza sulla distinzione tra gli uni e gli altri fa capire quanto fosse ancora profonda l’ostilità che divideva i croati e i serbi. Al punto che l’identità religiosa veniva definita in base alla nazionalità.