La lettera di Pappalardo

Alla fine del mio primo anno di Accademia, il Presidente, Mons. Gino Paro, fu nominato Nunzio Apostolico in Australia e a sostituirlo fu chiamato Mons. Salvatore Pappalardo, fino ad allora Nunzio Apostolico in Indonesia.

Mentre ero a Londra per studiare inglese, ricevetti all’indirizzo della famiglia presso la quale ero ospitato una lettera del nuovo Presidente, che, evidentemente, era già arrivato a Roma. Il testo era tutt’altro che incoraggiante e finiva con il ricordo critico di un episodio occorso alla fine degli esami di licenza di diritto, quando, insieme con altri accademici, avevo dato fuoco ad alcune dispense universitarie. Mons. Pappalardo lamentava il gesto, “soprattutto in vista dei risultati non brillanti degli esami”. Non risposi per lettera, ma mi ripromisi di parlarne direttamente con il Presidente, una volta tornato in Italia.

Andai a Roma proprio per incontrarlo, e il colloquio ebbe un inizio piuttosto imbarazzato.
Alla sua domanda sulla mia situazione, risposi facendo riferimento alla sua lettera: “Come lei mi ha scritto…” Ad una sua seconda domanda, mi riferii ancora alla lettera, ma a questo punto, lui sbottò: “Ma io non ti ho scritto nessuna lettera!”

In quel momento mi resi conto che c’era stato uno scherzo, e io non me ne ero accorto.
Provai a dire che forse mi ero sbagliato, ma il Presidente fu irremovibile: “Fammi vedere la lettera!” Dovetti mostrarla. Mi fece notare, per prima cosa, che era scritta su carta intestata del Cardinale Segretario di Stato, e non su quella dell’Accademia.
Ma riconobbe la firma, ovviamente copiata, e ne trovò l’origine: la cartolina che aveva mandato a quelli che lavoravano per un mese in Segreteria di Stato. Feci qualche debole tentativo per convincerlo a lasciar cadere la cosa, ma non ottenni nulla.

A suo tempo, il colpevole fu chiamato a rendere ragione del suo operato e ricevette un severo rimprovero. Ma, secondo quello che seppi dal diretto interessato, una volta finita la rampogna, il responsabile concluse: “Però, dica la verità: è stato un bello scherzo!” E il tutto si concluse con una risata.