Come ultima concessione, prima di partire per Roma, dove ero atteso in Accademia Ecclesiastica nel mese di ottobre 1968, avevo chiesto al Vescovo di lasciarmi libero nei tre mesi estivi, in modo che potessi riposarmi e dedicarmi alla stesura della tesi di laurea in teologia, per la quale avevo già raccolto un’abbondante documentazione, ma che non avevo ancora cominciato a scrivere. Il mio desiderio era quello di andare nella parrocchia di Marotta, ospite e aiutante di don Mario, con il quale avevo già stabilito una bella relazione di collaborazione e di amicizia.
Il 6 luglio lasciai la mia stanza nell’episcopio di Fano e mi stabilii nella casa parrocchiale di Marotta. Gli anni di lavoro a Fano erano stati faticosi, e qui sperimentai subito una grande sensazione di libertà e di tranquillità.
Furono pochi mesi, ma molto intensi. Con don Mario facemmo tante cose insieme. Alla sua creatività vulcanica, aggiunsi qualche mia originalità e ne vennero fuori iniziative molto interessanti. La stagione turistica faceva sì che a frequentare la chiesa fossero soprattutto dei villeggianti, mentre la gran parte dei marottesi era troppo occupata nelle attività di accoglienza per rispettare gli appuntamenti liturgici.
La piccola chiesa, tenuta sempre in perfetto ordine, aveva bisogno di un nuovo armonium. Lanciammo un appello, che ebbe effetto, e per la festa dell’Assunta, il 15 agosto, l’organista Suor Enrichetta poté inaugurare ufficialmente il nuovo strumento, con grande soddisfazione dei fedeli che avevano contribuito all’acquisto.
Una idea folle, con la quale volli ripetere quello che era stato fatto a Fano l’anno prima, fu quella della raccolta di stracci e ferri vecchi, da vendere per mandare il ricavato alla missione brasiliana di mio fratello. Don Mario, che era compagno di classe di don Paolo, accolse la proposta. Ci fu un’intensa attività, tanti ragazzi e ragazze si impegnarono nella raccolta e il cortile dietro la casa parrocchiale rimase per mesi pieno di ciarpame vario.
Quando, finito il mio tempo libero, dovetti lasciare Marotta per andare alla mia nuova destinazione a Roma, la confusione dietro casa era ancora evidente, e don Mario mi ha ricordato più volte, ma sempre con simpatia, il disastro che avevo creato.
Una annotazione finale: in quei tre mesi, alla tesi di laurea non ci pensai neppure. Ma la scusa aveva funzionato e l’effetto della mia permanenza a Marotta, per la mia salute mentale e fisica, era stato straordinariamente positivo.