La Domenica delle Palme del 1966, il Papa Paolo VI celebrò la solenne liturgia nella Basilica di San Pietro. Tre alunni del Seminario Romano – Giacinto, Franco e io – fummo chiamati per la lettura della Passione, tratta quell’anno dal Vangelo secondo Matteo. Giacinto dava voce alla folla, Franco a Cristo e io al narratore. Eravamo già stati ordinati sacerdoti, ma svolgemmo il ruolo di diaconi e, per la lettura, salimmo sulla pedana dell’altare della Confessione, proprio a lato del Papa.
Per l’emozione, proprio all’inizio la voce mi fece cilecca, ma fu solo un momento. Per il resto della lettura, tutto andò perfettamente. Ma fino a un punto ben preciso, quando presi una papera mostruosa.
Si trattava del passaggio del suicidio di Giuda. Il testo era: “Giuda allora, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi”, e invece io cominciai a dire: “Gesù allora, gettate le monete d’argento nel tempio…” Immediatamente Giacinto, alla mia destra, si raschiò delicatamente la gola ed io mi reci conto di quello che avevo fatto, ma continuai imperterrito: “gettate le monete d’argento nel tempio, Giuda si allontanò e andò a impiccarsi”.
La cosa incredibile è che nessuno, a parte i miei due colleghi, si rese conto dell’errore. Al termine della celebrazione, Don Amleto Del Giudice, che si occupava dell’organizzazione, mi fece notare il breve impaccio all’inizio (mi disse: “Al principio t’ha fatto fichetta la voce!”), ma non disse niente dell’errore, che, evidentemente, neppure lui aveva notato.