Loreto 25 agosto 2008
Ricordo ancora il giorno in cui, per la prima volta, qualcuno mi spiegò che, nella sinfonia n. 6 di Beethoven, quella intitolata “Pastorale”, c’è una parte che descrive prima una tempesta e quindi l’atmosfera fresca e tranquilla che si sente, in campagna, quando la pioggia è passata e torna il sereno. Non avevo mai pensato che la musica potesse rappresentare dei fatti concreti, delle situazioni precise. Non ho mai saputo molto di musica, ma di campagna ne so qualcosa di più. La scoperta mi piacque, e mi piace ancora cercare di rivivere quei momenti, del tutto familiari, descritti attraverso le melodie del grande compositore.
Questa sera, nel pezzo che seguirà, avremo una esperienza in qualche modo simile, dato che nel brano che verrà eseguito, il compositore Olivier Messiaen narra un episodio del Vangelo: “L’apparition du Christ ressuscité à Marie-Madeleine”.
In questo breve intervallo, riandiamo insieme a quell’episodio, narrato nel Vangelo di Giovanni, per poter poi capire meglio quello che l’autore del brano, ed il suo esecutore, ci proporranno attraverso la musica.
Siamo nel capitolo 20° del Vangelo, e gli apostoli Pietro e Giovanni hanno appena visitato la tomba di Gesù, che le donne avevano visto aperta e vuota. Maria di Magdala aveva dato l’allarme: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro”. Questo è quello che potevano pensare tutti, alla vista della tomba aperta, che sembrava profanata. I due apostoli, arrivati sul posto, hanno dovuto constatare qualcosa di diverso: i lini funerari che avevano avvolto il corpo morto di Gesù erano al loro posto, ben ordinati. Non si trattava quindi di un furto di cadavere, in cui tutto sarebbe stato fatto in fretta e senza il bisogno di spogliare il corpo. Essi erano di fronte all’indicazione di una realtà diversa: Gesù, ormai vivo, aveva lasciato nella tomba il sudario, che era il vestito di un morto, di cui egli, ora vivo, non aveva più bisogno. Essi credettero e si allontanarono portando con sé questo inizio di una fede non facile, e ancora sottoposta e dubbi e tentazioni.
Maria di Magdala, invece, che non aveva assistito all’ispezione, era rimasta indietro, ancora là, vicina alla tomba, e ancora angosciata per l’oltraggio che pensava fosse stato inflitto al corpo di Gesù. Maria piange di fronte alla tomba vuota, di cui non capisce la ragione. In un primo momento, le parlano due angeli vestiti di bianco, seduti all’interno del sepolcro, proprio là dove era stato deposto il corpo. Gli angeli le chiedono: “Donna, perché piangi?”. La risposta di Maria ci fa capire quanto fosse lontana da lei l’idea di una risurrezione: Gesù era morto, la sua storia era conclusa, restava solo un corpo senza vita e ora anche questo era scomparso, e lei non riusciva a sapere dove l’avessero messo. Non appare nessuna speranza per qualcosa di nuovo e di diverso: c’è solo la triste constatazione che certamente i nemici di Gesù avevano voluto offenderlo anche dopo la sua morte. Non contenti di averlo ucciso in maniera così crudele – e lei ne era stata testimone – ora avevano infierito anche sul suo cadavere, quasi per negare ai suoi discepoli anche la consolazione di piangere sulla sua tomba.
Dagli angeli non c’è alcuna risposta, ma dietro la donna compare un uomo: “Gesù stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù”. Accade ogni volta, quando Gesù appare dopo la sua risurrezione: c’è difficoltà a riconoscerlo. Così è a Emmaus, così nel lago di Tiberiade. Si direbbe quasi che sia lui, ma allo stesso tempo non sia lui, apparendo in una presenza ormai diversa, tale da far dimenticare il suo aspetto abituale. Maria pensa di aver a che fare con il guardiano del giardino e, alla sua domanda sulla ragione di quel pianto, lei prende addirittura l’iniziativa di offrirsi per un servizio volontario: “Se sei stato tu a portarlo via, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Non chiede ragioni né riparazioni; non impone: “Riportalo subito qui!”. C’è solo la richiesta di sapere dove sia il cadavere, e al resto ci penserà lei, senza recriminare e senza chiedere scuse.
A questo punto l’uomo dice una sola parola: chiama Maria per nome. Il suono di quella voce svela il mistero: Maria riconosce la voce inconfondibile di Gesù e, volgendosi verso di lui, lo chiama a sua volta: “Maestro”. Gesù le dà un incarico, una vera e propria missione, che fa di Maria di Magdala la prima annunciatrice della risurrezione del Signore: “Va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. L’episodio si conclude proprio con la immediata reazione di Maria, che va subito a compiere la missione che le è stata affidata: essere testimone di aver visto il Signore vivo e portare ai discepoli le sue parole.
Questo episodio è narrato dall’evangelista Giovanni con ricchezza di dettagli, ma anche con molta sobrietà. Possiamo immaginare tante cose, che però lo scrittore non descrive: il dolore di Maria e il suo pianto sconsolato, la sua umiltà nel supplicare il giardiniere, la sorpresa e la gioia nel riconoscere il Signore vivo, l’entusiasmo e lo zelo con i quali corre a compiere l’incarico ricevuto. Sono tutte descrizioni che mancano, ma che noi immaginiamo senza sforzo, perché riconosciamo nel personaggio chiave di questa narrazione una persona vera, con sentimenti del tutto umani e quindi facili da indovinare.
Ora ci apprestiamo ad ascoltare il brano musicale che dovrebbe descrivere, attraverso la varietà di note, armonie e toni, questo insieme di fatti e di sentimenti. L’autore stesso, in una breve spiegazione della sua composizione, indica di aver voluto rappresentare questi momenti, e parla dell’alba che arriva, di Maria in lacrime presso il sepolcro, degli accordi solenni che simbolizzano l’apparizione del risorto, poi della sorpresa e della gioia della donna nel riconoscere Gesù. Viene infine la missione, la rivelazione della risurrezione dell’ascensione. L’artista conclude: “La notte finisce e i contrappunti cromatici dell’esordio ritornano in movimento discendente. Gli accordi misteriosi e solenni del Risorto sono ripresi in pianissimo. Nell’alba pallida l’apparizione svanisce”.
Ora spetta a noi cercare di riconoscere nella musica il dolore iniziale, lo stupore che segue, la gioia finale. Entrare quindi nell’atmosfera intensa di quella domenica mattina, che seguiva da vicino il dramma del venerdì appena trascorso. Dovremo percepire l’inizio di una speranza nuova, di un cammino di fede che prende il posto della delusione precedente, o forse addirittura della disperazione.
Possiamo contare sull’aiuto del Maestro Olivier Latry, che interpreterà il compositore. Ci mettiamo in ascolto, con il desiderio di capire meglio, attraverso la musica, quello che le parole possono appena indicare.
Buon ascolto.