Santa Messa presso le Monache Passioniste, 29 marzo 2011
Gesù ama la casa di Betania. Là dove vivevano i suoi amici – Marta, Maria e Lazzaro – egli trovava la tranquillità e l’affetto che non poteva sentire a Gerusalemme, dove l’ostilità dei suoi nemici era sempre presente, anche in maniera violenta. Per questo, proprio all’inizio dell’ultima settimana della sua vita in questa terra, Gesù è a Betania, quasi per godere per l’ultima volta dell’intimità con alcune persone a cui vuol bene e che gli vogliono bene, senza secondi fini e senza alimentare progetti vantaggiosi per il loro futuro.
In questa atmosfera di famiglia, che permette la spontaneità e la sincerità, Maria compie per Gesù un gesto di grande venerazione, ungendo i suoi piedi con olio profumato. Non ci sono ragioni recondite: Maria non è la donna che piange i suoi peccati. È soltanto una donna amica che manifesta così la sua vicinanza e il suo rispetto per il Signore.
Non deve stupirci il fatto che Giuda non abbia capito il senso di questo gesto: si sa che il povero Giuda conosceva il prezzo delle cose, ma non il loro valore. Ricordate che Giuda aveva cominciato a dubitare di Gesù dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, quando il Signore aveva annunciato il suo piano di darci sé stesso come cibo da mangiare. Proprio allora, per la prima volta, Gesù aveva detto: “Uno di voi è un diavolo”. E si riferiva proprio a Giuda.
Ecco allora il valore del gesto di Maria e la ragione della reazione irritata di Giuda: un gesto di amore gratuito, fine a sé stesso, è qualcosa di bello e dovrebbe essere qualcosa che cerchiamo di offrire al Signore, come dovremmo offrirlo ai nostri fratelli. Proprio questo, Giuda non riesce a capirlo, e lo rifiuta come un atto che significa solo perdita di denaro. Non c’è più traccia di amore nel suo cuore e ormai – adesso lo capiamo bene – lui è pronto per tradire Gesù.
Quale esempio ci dà Maria di Betania, con il suo gesto di amore gratuito? È semplice: ci invita a fare lo stesso, a compiere dei gesti di amore che non abbiano nessuna parvenza di interesse da parte nostra. Neppure l’interesse di qualcosa che chiediamo a Dio e che vorremmo avere.
Vi presento un esempio soltanto, che diventa un suggerimento. Una bella tradizione di amore e devozione alla presenza di Gesù nell’Eucaristia è quella della visita al Santissimo e di qualche tempo trascorso in preghiera davanti a lui. Dal punto di vista di utilità pratica, è soltanto tempo perso, e ci potrebbe essere qualche Giuda di oggi a spiegarci quanto vale quel nostro tempo e quante cose più utili e vantaggiose potremmo fare.
Ebbene, l’adorazione di Gesù presente nell’Eucaristia è proprio questo: un dedicare del tempo al Signore senza chiedere nulla in ricambio, metterci davanti a lui con la stessa semplicità con la quale Maria ha sparso l’unguento prezioso sui piedi di Gesù. Questo ha un significato particolarmente ricco in questi giorni, quando in tante chiese si rinnova la tradizione delle Quarant’ore, e quando ci prepariamo a vegliare nella notte tra il Giovedì e il Venerdì Santo, per non lasciare il Signore solo durante la sua preghiera al Getsemani.
Ecco qualcosa che non ci costa denaro, ma solo una parte del nostro tempo. Ma quale impiego prezioso del tempo che il Signore ci dà, il metterci alla sua presenza per dirgli, con il solo fatto di esserci, quanto lo amiamo e quanto gli siamo grati per il dono della salvezza che ci ha conquistato con la sua morte e risurrezione.