Loreto, 27 febbraio 2008
Le letture della Messa di oggi ci presentano il tema della chiamata da parte di Dio. Dio chiama Abramo, facendogli grandi promesse che resteranno a lungo prive di compimento. Eppure Abramo ascolta l’invito e, sulla parola di Dio, lascia la sua terra e parte per luoghi sconosciuti. Attraverso la sua fedeltà è diventato il “padre dei credenti”, al punto che le tre grandi religioni dell’ebraismo, del cristianesimo e dell’islam lo riconoscono come loro patriarca. Nella pagina del Vangelo di Marco, che abbiamo appena ascoltato, incontriamo invece questo giovane, esemplare nella sua vita e di certo spiritualmente meglio equipaggiato degli altri discepoli, che Gesù aveva chiamato prima di lui. Da quello che egli dice di se stesso, capiamo che si tratta di un’anima bella, che aveva vissuto una vita positiva e che cercava la perfezione, ed era quindi preparato per una vocazione ad una missione superiore. Quell’incontro era stato particolarmente intenso, perché chi era stato presente aveva colto una luce speciale nello sguardo di Gesù il quale, dice l’evangelista, “fissatolo, lo amò”. Ed è questa l’unica volta che lo sguardo di Gesù viene descritto con tanta precisione e intensità. Eppure, come sappiamo dal seguito di questa stessa pagina, all’invito del Signore a lasciare tutto e a seguirlo, il giovane non ha saputo rispondere con un “si”, e si è allontanato triste. Queste letture ci sono proposte mentre celebriamo la santità di un altro giovane, Gabriele dell’Addolorata, religioso passionista che, morto all’età di appena 24 anni, aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita dedicandosi totalmente a Cristo e a sua Madre, Maria Addolorata. Anche lui, prima di rispondere alla vocazione, aveva vissuto una vita esemplare, pur nella vivacità un po’ mondana degli anni della sua adolescenza. Per due volte, quando era stato malato, aveva promesso al Signore di dedicare a Lui tutta la sua vita come religioso, ma una volta guarito aveva lasciato da parte il suo impegno. C’è voluto un intervento diretto di Maria, che ha cercato anche lei lo sguardo del giovane, e, con una speciale ispirazione, gli ha fatto capire quanto fosse inutile la sua vita, vissuta in quel modo: “Cosa stai a fare nel mondo? Tu non sei fatto per il mondo. Segui la tua vocazione.” Con altre parole, Maria gli rivolgeva lo stesso invito di Gesù: “Ti manca una sola cosa: lascia tutto… poi vieni e seguimi”. Nella sua donazione al Signore, anche nella sofferenza di una vita che si esauriva rapidamente per la malattia, Gabriele aveva trovato tanta gioia, ben più piena, come diceva lui stesso, di quella data dai fugaci piaceri del mondo. Riflettiamo su queste cose per rinnovare la nostra ammirazione verso il giovane santo, che la Chiesa propone come patrono della gioventù italiana. Ma nello stesso tempo ne guardiamo l’esempio, che dovremmo seguire, per compiere anche noi la nostra missione in questa vita, quella che il Signore ci indica e che, forse, fino ad ora, non siamo stati capaci di accogliere nella sua completezza. La partecipazione a questa Eucaristia ci aiuterà a rinnovare l’impegno di fedeltà alla chiamata del Signore: “Vieni e seguimi”. Nel seguire Gesù troveremo la gioia.