Loreto, 30 marzo 2012
Siamo abituati a vivere nel chiasso. Il rumore ci sta attorno continuamente: musica, parole, stridio di motori. Eppure, tutto questo chiasso non ci dice nulla: le parole si moltiplicano ma spesso non vale la pena ascoltarle; la musica ci stordisce e non ci rasserena; i rumori danno ai nervi e ci tolgono la pace. Tanto chiasso per niente: chiasso che dice solo un vuoto di contenuti. Di fatto, un grande, terribile silenzio. Silenzio di parole vere, di armonia, di idee, ancora più di ideali.
In questo silenzio assordante, in questo vuoto di parole vere, abbiamo ascoltato le poche cose dette da Gesù durante le ore della sua agonia sulla croce. Ogni volta, facendo uno sforzo immenso, per riuscire a parlare nello strazio della crocifissione. Ogni volta scegliendo l’espressione più adatta per dire tantissimo, parlando poco. Ogni volta facendoci il dono di parole così belle e profonde, che non basterà una vita intera a capirne la bellezza e la profondità.
Sono lezioni forti, insegnamenti che confermano, nei momenti supremi, il vangelo che Gesù ha predicato negli anni della sua vita attiva. Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno (Lc 23,33-34): parole di perdono non verso chi ha fatto del male, ma verso chi ora lo sta facendo; e mi aiutano a capire quanto poco sono disposto io a perdonare. Oggi sarai con me in paradiso (Lc 23,39-42): parole di accoglienza per chi, a nostro parere, non meritava niente altro che una dura rampogna e un lungo periodo di penitenza, prima del perdono; ma mi fanno capire che in paradiso c’è posto anche per me. Donna, ecco tuo figlio; ecco tua madre (Gv 19,25-27): parole di affidamento di ciascuno di noi a sua Madre e di sua Madre a ciascuno di noi; e mi consolano con la sicurezza di uno sguardo materno sempre rivolto verso di me. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mc 15,34): parole di solitudine estrema, che ci fanno sentite Gesù vicino ad ogni persona che dubita di Dio o addirittura nega Dio; e mi obbligano ad amare chi dubita e anche chi nega. Ho sete (Gv 19,28): parole per partecipare alla sofferenza di tanta parte dell’umanità, che non ha quanto è indispensabile per la vita; e mi aiuta a misurare il mio egoismo che mi fa pensare solo a me stesso. Tutto è compiuto (Gv 19,30): parole che ci indicano la serena fiducia che finalmente abbiamo fatto tutto quello che dovevamo e potevamo fare; e mi incoraggiano a compiere ogni giorno quello che devo, per essere sempre disposto a completare la mia missione. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito (Lc 23,46): parole che vorrei saper pronunciare nel momento supremo della mia vita, rimettendo nelle mani di Dio, padre buono e misericordioso, il mio destino eterno.
La lezione delle parole di Gesù in croce è una lezione che ci impegna più di ogni altra sua parola. Le ultime parole di un morente hanno sempre avuto un significato speciale, qualcosa a cui si deve ad ogni costo tener fede. Non dimentichiamo le ultime parole di Gesù in croce. Lezione suprema di amore e di fiducia in Dio. Conserviamo queste parole che, nel chiasso inutile che ci circonda, riempiono di un significato profondo il vuoto dei troppi rumori che vogliono essere ascoltati. Riascoltiamo queste parole in questi giorni della settimana santa, e facciamo nostra l’invocazione biblica: parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta (1 Sam 3,10).